sabato 14 agosto 2010

WWF ABRUZZO: puntuale come ogni anno arriva il regalo per i cacciatori

Puntuale come ogni anno arriva il regalo per i cacciatori

Scomodato l’intero Consiglio della Regione Abruzzo chiamato ad approvare per legge un atto amministrativo come il calendario venatorio regionale


Questa mattina, nella sala Commissioni del Comune di Pescara, Dante Caserta, consigliere nazionale del WWF Italia, e Loredana Di Paola, della segreteria del WWF Abruzzo, hanno tenuto una conferenza stampa sul calendario venatorio 2010/11.

Per la prima volta nella storia della Regione Abruzzo il calendario venatorio non è stato approvato con una delibera di Giunta regionale, come prevede la legge regionale sulla caccia del 2004, ma attraverso una legge regionale.

L’obiettivo di chi ha proposto questa “novità” è chiaro: mettersi al riparo da ricorsi amministrativi, dopo le due “batoste” rimediate al TAR Abruzzo dall’Assessore Febbo con il calendario venatorio dello scorso anno (due volte impugnato e due volte bocciato dal giudice amministrativo). Approvando il calendario per legge la Regione ha pensato di sottrarsi al giudizio della magistratura, poiché le leggi regionali, a differenza delle delibere di Giunta regionale, non sono, di regola, impugnabili.

Il ricorso ad una legge regionale consente poi di eludere ogni giustificazione tecnico-scientifica che dovrebbe essere alla base delle scelte sui prelievi venatori. E l’approvazione per legge di un calendario venatorio è ancora più grave in una regione come l’Abruzzo dove non è presente neppure l’altro strumento indicato dalla legge per la gestione della caccia, il Piano faunistico-venatorio che è scaduto nel 2005!

In realtà il testo di legge originario predisposto dall’Assessore Febbo e dal consigliere Giuliante prevedeva un tale elenco di illegittimità che lo stesso Ufficio legislativo della Regione Abruzzo con il parere del 2 agosto 2010 aveva evidenziato insuperabili problematiche che, peraltro, il WWF aveva già sollevato con tre note indirizzate alla Regione.

La proposta di legge originaria, infatti, prevedeva l’approvazione di un calendario venatorio della durata di 3 anni! Non solo: delegava alle province la possibilità di stabilire una preapertura del periodo di caccia, predeterminando così un enorme caos gestionale e faceva un gran regalo ai bracconieri consentendo l’ingresso ed il trasporto di armi all’interno dei parchi nazionali in aperto contrasto con la normativa italiana sulle aree naturali (solo l’Ente parco interessato, attraverso appositi regolamenti, può normare il trasporto di armi nei parchi).

A fronte di queste evidenti violazioni delle normative vigenti, il Consiglio regionale, nella seduta del 3 agosto 2010, ha stralciato completamente queste parti, smentendo così lo stesso Assessore Febbo che due giorni prima aveva attaccato il WWF, difendendo le proprie scelte.

I tagli introdotti dal Consiglio, comunque, non hanno eliminato tutte le pesanti irregolarità del calendario venatorio 2010/11 della Regione Abruzzo.

Innanzitutto il calendario è stato approvato senza essere stato prima sottoposto ai pareri obbligatori dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, organismo nazionale delegato, tra l’altro, al controllo della programmazione venatoria) e del Comitato regionale per la Valutazione di Impatto Ambientale e per la Valutazione di Incidenza.

Gli Uffici della Regione Abruzzo, infatti, a dimostrazione del caos che regna nel settore, hanno richiesto detti pareri su una loro versione del calendario diverso da quello poi proposto “politicamente” da Febbo e Giuliante in consiglio regionale.

È stata violata la legge nazionale sulla caccia laddove, recependo la normativa comunitaria, prevede che il prelievo venatorio sia subordinato alla necessità di assicurare la conservazione delle specie. Gli Stati sono obbligati ad adeguare il prelievo alla situazione delle singole specie, fino ad arrivare al divieto di prelievo per quelle specie che hanno uno status sfavorevole di conservazione.

A tal fine le Regioni devono seguire le indicazioni del documento dell’ISPRA “Sintesi dello stato di conservazione delle specie oggetto di prelievo venatorio ai sensi della legge 11 febbraio 1992 n. 157 e successive modificazioni, Gennaio 2009”.

Senza preoccuparsi affatto di tali prescrizioni, la legge regionale approvata il 3 agosto scorso consente la caccia a quattro specie in declino in Europa (Coturnice, Moretta, Moriglione e Pavoncella) e ad altre 11 con stato di conservazione sfavorevole (Starna, Canapiglia, Marzaiola, Codone, Mestolone, Beccaccino, Frullino, Quaglia, Beccaccia, Tortora, Allodola): in pratica 15 delle 30 specie dichiarate cacciabili dalla Regione Abruzzo avrebbero richiesto particolari precauzioni che invece non ci sono state.

È stata violata la legge nazionale sulla caccia laddove prevede che l’avifauna venga protetta sia “durante il ritorno al luogo di nidificazione” sia “durante il periodo della nidificazione e le fasi della riproduzione e della dipendenza”.

A tal fine la Commissione Europea ha adottato nel 2001 un documento tecnico (Key Concepts of articles 7(4) of Directive 79/409/EEC on Period of Reproduction and prenuptial Migration of huntable bird Species in the EU) che evidenzia per ciascuna specie cacciabile i periodi di caccia a cui le regioni devono attenersi.

La legge regionale approvata il 3 agosto, su 30 specie cacciabili, per ben 12 prevede periodi di caccia più lunghi rispetto a quanto dettato dalla Commissione Europea.

Se poi si confronta la legge approvata il 3 agosto scorso con i periodi di caccia indicati nel Documento ISPRA del 28 luglio 2010 “Guida per la stesura dei calendari venatori ai sensi della Legge n. 157/92, così come modificata dalla Legge Comunitaria 2009, art. 42” si può osservare che solo in 1 caso vi è conformità.

È stata violata la legge nazionale sulla caccia in quanto la legge regionale approvata il 3 agosto scorso prevede la possibilità di istituire un “comparto unico sulla migratoria”, derogando alle norme nazionali sia per il periodo (prolungato di un mese: da ottobre-novembre ad ottobre-dicembre) sia per le modalità di caccia (non solo da appostamento, ma anche con cane).

Sull’addestramento cani sono state violate sia la legge nazionale sulla caccia, che affida la disciplina di tale attività al Piano faunistico-venatorio e non ad una legge, sia la legge quadro regionale sulla caccia che indica in trenta giorni il periodo per l’addestramento cani mentre la legge regionale approvata il 3 agosto scorso prevede l’avvio dell’addestramento cani dal primo di agosto (se non fosse impossibile, varrebbe retroattivamente!) al giovedì precedente l’apertura (fissata a domenica 19 settembre), prolungando così il periodo di oltre 10 giorni.

Cosa farà il WWF?

È già al lavoro per inviare una nota al Governo italiano affinché bocci la legge regionale approvata il 3 agosto 2010.

Sta predisponendo un esposto all’Unione Europea evidenziando le palesi violazioni della normativa comunitaria contenute nella legge regionale.

Valuterà la possibilità di impugnare davanti al Tribunale Amministrativo Regionale la stessa legge approvata il 3 agosto 2010 poiché, trattandosi di legge-provvedimento esiste giurisprudenza in materia possibilista sull’impugnativa di atti legislativi che palesemente disattendono le procedure di approvazione previste. In ogni caso il WWF è pronto ad impugnare qualsiasi atto amministrativo discendente dalla legge regionale.

Ancora una volta va evidenziato come la classe politico-amministrativa di questa Regione (e questa volta nella sua massima rappresentanza, il Consiglio regionale) abbia legiferato a vantaggio di una ristretta minoranza di soggetti, esponendo il resto degli abruzzesi agli effetti negativi che tali decisioni avranno.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Che iniziassero a restituire quei territori inclusi tra parchi e riserve che superarno quel limite del 30% max. dato dalla legge quadro 157.

Sembra che le leggi da rispettare siano degli altri ma le loro ?

Mi chiedo quando finirà il mondo della caccia con chi se la prenderanno?
Finiranno anche loro.

Un cortese Saluto

bombant ha detto...

Gentile Anonimo,
il TAR Puglia con Ordinanza del 19 luglio 2006 n. 2894 ha sancito che il limite del 30% delle aree che possono essere inibite alla caccia non deve essere interpretata come quota massima. Dovendo quindi prevalere l'esigenza di conservazione della fauna selvatica sul diritto alla caccia, è lecito continuare a sottoporre a tutela nuove porzioni del patrimonio ambientale del nostro paese.