giovedì 26 novembre 2020

Il WWF: i cacciatori cercano appigli per sparare a dispetto della zona rossa

 

Comunicato stampa del 23 novembre 2020  

I cacciatori cercano appigli per sparare a dispetto della zona rossa “per controllare la popolazione dei cinghiali”, un problema che loro stessi hanno creato e che non si risolve con l’attività venatoria.

Il WWF: “Richieste inaccettabili. La Regione difenda tutti i cittadini” 

 

Apprendiamo dagli organi di stampa che un gruppo di cacciatori pretenderebbe dalla Regione di poter continuare l’attività venatoria anche nel momento drammatico che stiamo vivendo. Sarebbe addirittura in programma una manifestazione davanti alla sede del Consiglio regionale durante la quale i caposquadra cinghialai chiederebbero la chiusura delle scuole e la riapertura della caccia. Varie attività sono chiuse, non ci è permesso fare visita agli affetti più cari né di muoverci liberamente sul territorio, ma per i cacciatori quello che conta è andare a sparare. La giustificazione sarebbe quella di intervenire sulla popolazione di cinghiali che a loro avviso sarebbe causa di ingenti danni all’agricoltura e di incidenti stradali.  Vale la pena di ricordare che la responsabilità della eccessiva presenza dei cinghiali in tante parti d'Italia, Abruzzo compreso, è proprio dei cacciatori che chiesero e ottennero negli anni passati pesanti immissioni a scopo venatorio di animali provenienti dall'est europeo stravolgendo totalmente gli equilibri.    

"Più volte siamo intervenuti sulla questione – dichiara Filomena Ricci, delegato regionale del WWF Abruzzo - portando dati e citazioni basati su qualificati studi scientifici che sottolineano come l’attività venatoria, andando a colpire soprattutto gli adulti al contrario della mortalità naturale che incide in particolare sulle classi giovanili, innesca nei cinghiali risposte compensative che addirittura ne accrescono la presenza. Le popolazioni vengono destrutturate e questo comporta riproduzione precoce delle femmine, maggior numero di nati e aumento del tasso di dispersione tra i giovani, come ben noto a chi affronta il problema basandosi su evidenze scientifiche e non su percezioni e impressioni non di rado interessate”.    

Basterebbe un’analisi oggettiva e scientificamente rigorosa dei dati per far emergere come la caccia non sia la soluzione per il contenimento delle popolazioni di cinghiali, che infatti crescono anche dove l’attività venatoria, con le varie forme di caccia ordinaria e di selezione, è praticamente permessa tutto l’anno. Come sarebbe utile confrontare i dati di riduzione dei danni da fauna selvatica alle colture in presenza di adeguati sistemi di protezione come le recinzioni elettrificate. La Regione Abruzzo con una comunicazione del 19 novembre, ha già previsto l’intervento per attività di controllo delle popolazioni di cinghiali della Polizia provinciale, delle Guardie Venatorie Volontarie e dei proprietari e conduttori dei fondi autorizzati per il controllo, che potranno intervenire in terreni in conduzione o di proprietà anche al di fuori del territorio comunale e anche dopo le 22:00, considerando l’attività quale “intervento di pubblica utilità”, definizione peraltro assolutamente priva di riscontro visti i risultati.  

“Si continuano a proporre soluzioni semplicistiche per la gestione delle popolazioni di cinghiali che hanno un effetto puramente propagandistico e non certo risolutivo del problema – dichiara Dante Caserta, vicepresidente del WWF Italia. - La strategia che attribuisce ai cacciatori il compito di contrastare un problema che loro stessi hanno determinato è  inutile e spesso dannosa, ad esempio quando si autorizza la braccata con i cani, che arreca disturbo a tutta la fauna, anche quella protetta e preziosa (basterà citare l’Orso marsicano), e contribuisce ad aumentare il tasso di dispersione dei cinghiali e di conseguenza produce un aumento proprio di quei danni, alle coltivazioni e alla sicurezza stradale, che si vorrebbero contenere”.     

Il WWF chiede, dunque, alla Regione Abruzzo di mantenere il divieto all’attività venatoria che vige in zona rossa non cercando scorciatoie per concedere a un piccolo gruppo di persone la possibilità di muoversi nel territorio, aumentando il rischio di contagio, quando a tutta la popolazione viene chiesto di attenersi scrupolosamente alle limitazioni. 



WWF Italia ONLUS, Abruzzo
abruzzo@wwf.it
Facebook: WWF Abruzzo

domenica 8 novembre 2020

E il Wwf propone: niente spari nei giorni festivi

«Troppi episodi, più o meno gravi, che coinvolgono sia cacciatori sia persone estranee all’attività venatoria». Il Wwf Abruzzo interviene con una serie di proposte all’indomani dell’ennesimo incidente di caccia nelle campagne abruzzesi. Per l’associazione «le cause degli incidenti sono il più delle volte da ricercare nel mancato rispetto delle distanze minime da strade e centri abitati, dalla tendenza a sparare senza inquadrare con sicurezza il “bersaglio”, dalla pratica della braccata, un tipo di caccia tra le più cruente, che richiede comunque un grado di perizia maggiore e un’ottima conoscenza dell’habitat circostante e che può risultare ancora più rischiosa se praticata in zone frequentate da civili». «Continueremo sempre a sottolineare come la caccia sia per molti aspetti incompatibile con altre attività di fruizione degli spazi naturali», dichiara Filomena Ricci, delegato del Wwf Abruzzo, «oggi molto più frequentati rispetto a qualche decennio fa. Tutto ciò è incompatibile con l’azione armata». Il Wwf Abruzzo chiede di attuare con urgenza una serie di provvedimenti: incrementare l’attività di vigilanza, limitare l’uso di armi in grado di sparare a grandi distanze, effettuare maggiori verifiche sulle licenze di caccia, in particolare per le persone sopra i 65 anni di età, intensificare i controlli anche in ordine all’uso e alla detenzione di sostanze alcoliche prima e durante l’attività venatoria, vietare l’attività di caccia nei giorni festivi e nelle aree frequentate da escursionisti e fruitori della natura. (s.so.)

Fonte: ilcentro.it del 03 novembre 2020

domenica 1 novembre 2020

Gessopalena, battuta di caccia al cinghiale: sparano e uccidono un altro cacciatore

A Gessopalena, in provincia di Chieti in Abruzzo, un 72enne cacciatore solitario è morto per una fucilata. Sequestrate le armi dei colleghi

In un bosco di Gessopalena (Chieti) un cacciatore è morto colpito al petto da un proiettile calibro 12 sparato da un gruppo di colleghi che erano non molto distanti in battuta di caccia al cinghiale. La vittima, Antonino Di Gregorio, 72 anni, di Piane d' Archi (Chieti), era invece in caccia solitaria in località Coccioli, vicino a un suo podere.

L'incidente mortale è avvenuto oggi alle 13.30. A nulla sono valsi i tentativi di salvarlo da parte dei sanitari del 118. L'elicottero giunto da Pescara è dovuto subito rientrare. La vittima è stata trovata esanime sul ciglio della strada dallo stesso gruppo di cacciatori, 7-8 in tutto. I loro fucili sono stati sequestrati.

Al vaglio degli inquirenti c'è in particolare la posizione di un cacciatore di 48 anni, residente nella confinante Roccascalegna (Chieti), il quale avrebbe sparato il colpo mortale. Indagano i carabinieri della compagnia di Lanciano, diretti dal maggiore Vincenzo Orlando. Per accertare cause e modalità della sciagura il pm di Lanciano Francesco Carusi ha disposto l'esame autoptico.

Fonte: larepubblica.it del 01 novembre 2020