giovedì 31 gennaio 2019

WWF: in Provincia di Chieti revocate le ZRC per favorire l’inutile caccia di selezione

Comunicato stampa del 30 gennaio 2019

La Regione non si smentisce e regala all’ultim’ora (per evitare ricorsi?) altri dieci giorni ai cacciatori.

Saldi di fine legislatura e il colombaccio ne fa le spese.

In Provincia di Chieti revocate le ZRC per favorire l’inutile caccia di selezione

La Regione Abruzzo non si smentisce e con i saldi di fine legislatura regala altri dieci giorni ai cacciatori per andare in giro a sparare al colombaccio, prolungando il periodo di caccia alla specie - già molto lungo - fino al 10 di febbraio.
Il solito atteggiamento prono al volere dei cacciatori peraltro ammantato di quella "furbizia" terra-terra che spinge l'assessorato dei cacciatori (in Abruzzo dovrebbe essere questa la giusta denominazione) a modificare il calendario venatorio pochi giorni prima della scadenza fissata in precedenza, così da impedire qualsiasi nostro ricorso alla magistratura amministrativa che puntualmente sanziona le politiche filovenatorie e contra legem della Regione.
La fauna, invece di essere patrimonio indisponibile di tutti, continua ad essere ostaggio dei cacciatori - già responsabili della reintroduzione dei cinghiali e quindi di tutti i danni che ne derivano - e dei politici che gli vanno dietro alla ricerca di qualche voto... 
Ma non basta: l’atteggiamento filo cacciatori della Regione si misura anche con un altro recentissimo provvedimento. È stata da pochi giorni approvata una Delibera di Giunta che revoca le Zone di Ripopolamento e Cattura (ZRC) in Provincia di Chieti. Questo per rendere tali zone libere all’attività venatoria e consentire la caccia di selezione al fine di limitare la presenza dei cinghiali che nel territorio teatino stanno creando particolari problemi. Tutto questo a dispetto di tre dati di fatto importanti;
  1. La Regione continua a far finta di non accorgersi che le scelte sin qui attuate di contenimento dei danni attraverso la caccia sono fallimentari: si spara ai cinghiali oramai praticamente tutto l’anno e i danni non sono in alcun modo diminuiti.
  2. Se non bastasse l’esperienza anche la scienza, con uno studio condotto in tutta Europa, ha evidenziato che la caccia nei fatti aumenta i problemi: i branchi destrutturati sono fonte di maggiori danni mentre l’eliminazione delle femmine adulte provoca una anticipata fertilità delle giovani con aumento numerico degli individui presenti nel territorio.
  3. Il problema è stato creato dai cacciatori con l’introduzione di cinghiali a scopo venatorio. Sperare che lo risolvano proprio coloro che hanno voluto il soprannumero e che hanno tutto l’interesse ad avere sempre a disposizione animali da uccidere è francamente nella migliore delle ipotesi un atteggiamento di una ingenuità sconcertante.

WWF Italia Onlus, Abruzzo

L’area faunistica di Lecce dei Marsi affidata ai cacciatori. Il WWF: i cervi sono fauna selvatica da tutelare e non selvaggina


Comunicato stampa del 31 gennaio 2019

La strana decisione assunta da Comune e Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise

L’area faunistica di Lecce dei Marsi affidata ai cacciatori

Il problema è l’approccio: i cervi sono fauna selvatica da tutelare e non selvaggina


Il cervo (Cervus elaphus hippelaphus) per il Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise è un importante rappresentante della fauna selvatica nonché la dimostrazione vivente di un successo conservazionistico: è stato proprio il Parco, nei primi anni ’70 del secolo scorso, a curarne la reintroduzione nel proprio territorio nel quale si era estinto anche, diciamolo, a causa di un intenso bracconaggio. Già perché per i cacciatori, o almeno per molti tra loro il cervo è invece selvaggina. Lo dimostra il fatto che il mondo venatorio abruzzese in più occasioni, ha espresso la volontà di renderlo cacciabile, al pari di altre specie di ungulati. Volontà che fino ad oggi non si è tramutata in realtà solo grazie all'impegno del mondo ambientalista che si è sempre opposto

Fatta questa premessa appare abbastanza sconcertante la notizia, di pochi giorni fa, dell’accordo firmato dall’amministrazione comunale di Lecce dei Marsi insieme al Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, per concedere la gestione dell’area faunistica del Cervo alla sezione locale di cacciatori.

Fermo restando che l’area faunistica è collocata nel perimetro della ZPE dell’area protetta e che l’accordo comporterà uno sgravio di investimento di risorse da parte del Parco, sia dal punto di vista economico sia per le ore lavorative del personale, la collaborazione con il mondo venatorio nella gestione di strutture faunistiche del Parco solleva non poche perplessità.

Siamo consapevoli che l’Ente pubblico debba mantenere aperto il dialogo con tutti gli attori del territorio e considerare ogni realtà presente nei comuni del Parco. In tal senso i cacciatori locali possono anche rivestire un ruolo di interlocutori, soprattutto per quanto attiene le modalità di istituzione e di governo delle aree contigue che attendono di vedere attivata una reale gestione. Questo non toglie che condividere la responsabilità di strutture che ospitano specie faunistiche è tutt’altra questione. Per dirigere azioni, attività e strutture in modo congiunto, bisogna avere perlomeno, gli stessi obiettivi e le stesse visioni. Non si può far finta di non sapere che molti tra i cacciatori abruzzesi al Cervo sparerebbero volentieri. Al di là, quindi, delle questioni pratiche di gestione, il dubbio è nell’impostazione stessa del provvedimento: si va ad affidare la cura di animali a chi, se ne avesse la possibilità, li renderebbe oggetto di abbattimento per semplice divertimento.

La speranza è che prendersi cura dei cervi induca almeno qualche cacciatore ad abbandonare il fucile e a convertirsi a un sano ambientalismo. In attesa di tali auspicati ripensamenti, la questione merita tuttavia una attenta riflessione. Le aree faunistiche necessitano sicuramente di una revisione e di un ripensamento generale sulla loro reale funzione, vanno indubbiamente adeguate e aggiornate rispetto alla situazione odierna di presenza delle specie in natura e di modalità di presentazione al pubblico. Nel frattempo, però, a chi le visita, si propone comunque un messaggio educativo e di conoscenza, che deve essere quanto più possibile chiaro e rappresentativo dell’area protetta. Un messaggio che non deve diventare un cavallo di Troia per cominciare a diffondere tra i cittadini e i turisti una visione sbagliata e pro-abbattimenti del ruolo dei grandi ungulati sulle montagne d’Abruzzo.


WWF Italia Onlus, Abruzzo
abruzzo@wwf.it

martedì 29 gennaio 2019

Gestione e vigilanza sulla caccia, la Regione Abruzzo “dimentica” anche gli obblighi di legge

Comunicato stampa del 28 gennaio 2019

Una richiesta di accesso agli atti del WWF mette in luce ancora una volta gravissime carenze.

Gestione e vigilanza sulla caccia, la Regione Abruzzo “dimentica” anche gli obblighi di legge.

Chiediamo al prossimo presidente di riorganizzare finalmente il settore a cominciare dai controlli.
Il WWF ha richiesto ufficialmente alla Regione Abruzzo i dati dal 2015 al 2018 sullo stato dei servizi preposti alla vigilanza in materia di caccia e il numero di accertamenti; informazioni necessarie per avere un quadro aggiornato sullo stato della vigilanza venatoria nel territorio. Sono state richieste informazioni anche sull’attuale pianificazione faunistico-venatoria e in particolare i dati sugli abbattimenti, la consistenza numerica dei cacciatori e numeri aggiornati sulle immissioni di selvaggina. Il risultato è semplicemente desolante sia dal punto di vista della quantità e qualità dei dati in possesso dell’Ente regionale, sia in merito alla vigilanza venatoria in Abruzzo.

La Regione Abruzzo non possiede i dati e le informazioni minime sulla fauna selvatica, sulla caccia e sulla vigilanza venatoria, neppure quelli che dovrebbe avere secondo quanto disposto dalle normative nazionali e regionali. Il WWF ha chiesto i “rapporti informativi sulla vigilanza nelle diverse province” delle ultime 3 annualità. La raccolta di questi dati è prevista dalla L. 157/92 e dalla L.R. 10/2004. La Regione ha comunicato al WWF solo i dati del 2015 o, in altri casi, solo i dati del 2016. Informazioni peraltro incomplete: in alcuni casi mancano il numero delle unità addette o quello delle giornate di servizio o il numero dei verbali redatti.

Ancora. La Regione scrive al WWF di non essere in possesso della “relazione illustrativa delle immissioni di selvaggina” (relazione prevista dalla stessa legge regionale che evidentemente l’ente per primo non rispetta) e ci chiede di rivolgerci agli Ambiti Territoriali di Caccia (AATTCC) per ottenere queste informazioni. A questo punto c’è da chiedersi come faccia la Regione a effettuare la funzione ispettiva sulla gestione degli AATTCC se non conosce come vengono fatte le immissioni di selvaggina che rappresentano la voce più importante dei bilanci degli Ambiti?

Le Polizie Provinciali, di fatto smantellate dalla disastrosa recente riforma di quegli enti, non svolgono oramai quasi più la vigilanza venatoria a causa del forte ridimensionamento degli organici e dello spostamento ad altre mansioni. Dai dati forniti dalla Regione Abruzzo emerge che la Polizia Provinciale di Teramo nel 2015 ha riscontrato un solo illecito amministrativo e 2 penali. La Provincia di Pescara è riuscita a fare peggio: in quasi 2 anni (da gennaio 2015 ad ottobre 2016) ha riscontrato zero illeciti penali e zero amministrativi! Le altre due province abruzzesi sin sono invece mostrate più attive nel campo della vigilanza venatoria: la Polizia Provinciale di Chieti nel 2016 ha irrogato 26 sanzioni amministrative e 8 penali mentre quella de L’Aquila 75 sanzioni amministrative e nessun penale.

Nel complesso anche in questa circostanza la Regione ha dimostrato le proprie gravissime carenze nella gestione faunistico venatoria fino al punto limite di non avere a disposizione neppure i rapporti informativi sulla vigilanza venatoria che, per legge, dovrebbe procurarsi dalle Province e trasmettere, ogni anno, al Ministero delle Politiche Agricole.

Già nel 2016 del resto l’Abruzzo era tra quelle Regioni che, secondo il rapporto dell’Ispra “Analisi dei dati dei tesserini venatori”, non avevano fornito i dati necessari ad assicurare il rispetto dei principi di rigorosa verifica e di costante monitoraggio del prelievo venatorio degli uccelli, imposti dalle Direttive dell’Unione Europea.

«L’auspicio del WWF – sottolinea il coordinatore regionale delle guardie WWF Claudio Allegrino - è che il prossimo Presidente della Regione e la prossima giunta regionale rispettino e facciano rispettare le leggi in materia di caccia e di tutela della fauna e risolvano la grave e non più tollerabile carenza relativa alla vigilanza venatoria».

WWF Italia Onlus, Abruzzo
abruzzo@wwf.it

venerdì 25 gennaio 2019

Abruzzo. Investono animali nel Parco e filmano la mattanza: denunciati 3 cacciatori

Pacentro (Aq). Una mattanza quella dei 3 cacciatori di Campo di Giove documentata da un video che uno di loro ha poi trasmesso. Dalle immagii, a bordo di un fuoristrada, i 3 inseguono e investono decine e decine di animali del branco, in Zona B nel Parco della Maiella. La registrazione è stata caricata su Whatsapp e ricondivisa decine di volte. Venuti a conoscenza del fatto e riconosciuti i luoghi, i Carabinieri forestali delle stazioni del parco di Pacentro e Cansano, nell’aquilano, hanno voluto fare luce sui responsabili, identificandoli e rintracciandoli.

Un motivo di vanto, una follia quella di colpire alla cieca nel branco di cinghiali, colpendone e investendone a decine sulla provinciale 54, strada per Fonte Romana, nel territorio di Pacentro. Il fatto è accaduto nella notte del 14 gennaio, in località valle Messere. Nel gruppetto di cacciatori di Campo di Giove, uno ha 53 anni, uno 55 anni e l’altro è un 43enne, e sembrano proprio divertirsi ad investire le povere bestiole in area parco naturalmente, con divieto di caccia assoluto e per giunta in un periodo, metà gennaio, in cui è vietata l’attività venatoria. Dopo aver investito le bestiole, le doppiette hanno cercato di ucciderle per portarsele a casa. Identificati dal filmato postato in rete i componenti del branco sono stati deferiti alla procura della Repubblica di Sulmona (Aq) e dovranno rispondere delle accuse di tentativo di uccisione e maltrattamento degli animali, uccisione, cattura e prelievo di specie protette, caccia in periodo di divieto e nei parchi nazionali, disturbo alle specie e istigazione a delinquere.

Il fatto che si tratti di cinghiali non cambia le cose, anzi le peggiora. Se questi ungulati sono in soprannumero è certo un nostro problema da risolvere con intelligenza, spiegano gli esperti e le associazioni ambientaliste. Premesso che, se ci saranno molti altri cinghiali in quest’area dobbiamo ringraziare anche questi 3 cacciatori, oltre agli Ambiti territoriali di caccia, perché uccidendo gli adulti di cinghiale s’innesca una risposta compensativa nella fertilità, dunque gli animali di quel branco aumentano di numero e cresce la dispersione. La conferma arriva da uno studio pubblicato dalla rivista Pet management science, report firmato da diversi autori di origine europea (G. Massei et al., “Wild boar populations up, numbers of hunters down? A review of trends and implications for Europe”. Pet Management Science, volume 71, aprile 2015, pp. 492-500). Spieghiamo, con l’aiuto del Wwf Abruzzo, l’attuale situazione e i relativi conti da pagare:

Il problema cinghiali esiste perché, a partire dagli anni ’50 del secolo scorso e sino a pochi anni fa ci sono state immissioni a scopo venatorio per consentire ad una minoranza di cacciatori di divertirsi sparando e uccidendo. Chi ha creato il danno deve pagarne le conseguenze anche in termini economici. Il risarcimento dei danni da cinghiale va di conseguenza attribuito interamente agli Ambiti territoriali di caccia (Atc) – sottolinea Wwf Abruzzo – Oggi sono invece i danneggiati a pagare i danni attraverso tasse, dirette e indirette, che gravano su tutti i cittadini. Altro punto è l’inefficacia delle misure di controllo perché i danni non sono affatto diminuiti. Chi mai del resto affiderebbe la riparazione di un danno proprio a chi questo danno lo ha creato così come fa l’Abruzzo con i cacciatori – commenta l’associazione del Panda – È ora di cambiare radicalmente strategia ragionando con criteri scientifici“.