sabato 11 agosto 2018

Abruzzo. Passi indietro nel calendario venatorio 2018-2019 e il WWF si rivolge al TAR

Comunicato stampa del 10 agosto 2018

Incaricato l’avv. Michele Pezone che ha già redatto i ricordi vincenti degli scorsi anni

Passi indietro nel calendario venatorio 2018-2019 e il WWF si rivolge al TAR


La fauna è un patrimonio indisponibile dello Stato e non un trastullo per i cacciatori. Sarà predisposta anche una segnalazione alla Corte dei Conti: assurdo insistere su scelte già bocciate da precedenti sentenze; politici e funzionari non possono sprecare in tal modo denaro pubblico senza risponderne personalmente 
 

Il WWF ha ufficialmente incaricato l’avv. Michele Pezone di predisporre un ricorso contro il calendario venatorio 2018-2019 così come approvato dalla Regione Abruzzo.

“Un calendario – spiega il delegato Abruzzo dell’associazione Luciano Di Tizio – che purtroppo ci riporta al passato, avendo nuovamente previsto il via libera alle doppiette già da settembre, senza alcuna ragione se non quella di accontentare la parte più retrograda del mondo venatorio. L’anno scorso avevamo elogiato l’assessore Pepe e il suo assessorato per il fatto di aver consentito l’apertura solo dal 1 ottobre. In una regione travolta dagli incendi era anche poco, ma rappresentava comunque un segnale di buona volontà. Quest’anno sono tornati a prevalere gli interessi della piccola minoranza dei cacciatori rispetto a quelli della collettività e dell’ambiente”.

Aggiunge Dante Caserta, vicepresidente WWF Italia: “Non ci stancheremo mai di ripeterlo: la fauna è considerata dalla legge italiana un patrimonio indisponibile dello Stato e non è un trastullo per i cacciatori. Il calendario venatorio di conseguenza deve tenere conto in primo luogo dell’esigenza di tutelare questa fauna e non può ignorare le indicazioni di ISPRA e, peggio, far finta che non siano state emesse sentenze precedenti che hanno sancito precise disposizioni”.

L’avv. Michele Pezone da anni cura i ricorsi del WWF sul tema della caccia, con ottimi risultati: tutte le sentenze a vari livelli emesse dal 2010 a oggi sono state favorevoli alle tesi portate avanti dagli ambientalisti ed è semplicemente assurdo che la Regione cerchi costantemente di non tenerne conto.

“Ci rivolgeremo – annuncia Luciano Di Tizio – anche alla Corte dei Conti, forti del precedente recente di una condanna al risarcimento di un assessore e di un dirigente proprio su tematiche legate alla caccia. Ci sembra assurdo che si possa insistere su scelte già bocciate in sentenze passate in giudicato: politici e funzionari non possono sprecare in tal modo denaro pubblico senza risponderne personalmente”.

WWF Italia Onlus, Abruzzo
abruzzo@wwf.it

Approvato il calendario venatorio regionale Abruzzo per la stagione 2018-2019

Delibera di Giunta Regionale n. 542 del 23 luglio 2018, recante '' Approvazione del Calendario Venatorio regionale per la stagione 2018-2019 in applicazione dell'articolo 43, della L.R.
10/2004''.

https://www.regione.abruzzo.it/caccia/index.asp?modello=eventoSingolo&servizio=LEE&stileDiv=sequence&b=evento181&tom=181

venerdì 3 agosto 2018

Il Wwf al tavolo per la protezione delle colture dalla fauna selvatica

Il Wwf al tavolo per la protezione delle colture dalla fauna selvaticaSarà un confronto sulle linee di indirizzo per la gestione del cinghiale nelle aree protette che la Regione vuole mettere a punto

Il Wwf al tavolo per la protezione delle colture dalla fauna selvatica


Il Wwf parteciperà, in quanto associazione che gestisce una serie di riserve regionali, al “Tavolo tecnico regionale permanente per la protezione delle colture e degli allevamenti dalla fauna selvatica” convocato dall’assessore Lorenzo Berardinetti per domani all’Aquila: tema dell’incontro sarà un confronto sulle linee di indirizzo per la gestione del cinghiale nelle aree protette che la Regione vuole mettere a punto.

Apprezziamo molto l’invito dell’assessore e la volontà di confrontarsi su un tema importante, spesso purtroppo contraddistinto da semplificazioni che non facilitano la risoluzione del problema. È indispensabile, infatti, che la tematica sia affrontata su basi tecnico-scientifiche, mettendo da parte sia gli aspetti emotivi sia gli interessi rappresentati dal mondo venatorio.

L’esperienza maturata negli anni, in qualità di gestori di aree naturali protette, ci spinge a considerare un grave errore consentire di cacciare in parchi e riserve, scelta la cui concreta praticabilità giuridica è peraltro tutta da dimostrare. Appaiono molto più efficaci l’adozione di strumenti di dissuasione non cruenta (recinti elettrificati, dissuasori con luci e rumori, campi a perdere) e, qualora questi non funzionassero, la cattura attraverso chiusini, relegando solo in casi puntuali legati all’incolumità pubblica o a situazioni circoscritte, il ricorso ad abbattimenti veramente selettivi effettuati su capi determinati ma sempre e soltanto da parte di personale specializzato appartenente o ai parchi o alle Forze dell’ordine.

In ogni caso, come facciamo da anni, la prima cosa che chiederemo è che il confronto parta da dati reali e verificati. Se si vuole veramente affrontare una volta per tutte il problema e provare a trovare delle soluzioni concrete e percorribili, è indispensabile:

avere un quadro della presenza dei cinghiali nella regione e nei singoli territori compresi quelli nei quali sono comprese anche aree protette;

confrontarsi sui risultati delle politiche portate avanti in questi ultimi 10 anni in base alle quali oggi si è sostanzialmente arrivati a consentire la caccia al cinghiale in tutti i periodi dell’anno e in tutto il territorio regionale (a esclusione finora delle aree naturali protette);

sganciare totalmente l’aspetto della gestione dei danni dalla caccia. Dopo anni di politiche tutte basate sugli abbattimenti si continuano registrare danni alle colture, che in alcuni casi addirittura aumentano. Ci si deve quindi chiedere quale reale efficacia abbia affrontare il problema attraverso lo strumento dei cacciatori che, dopo essere stati l’origine del problema con l’introduzione in Abruzzo di cinghiali a scopo venatorio, vengono ora individuati come la soluzione nonostante non siano affatto interessati a risolverlo, essendo i primi beneficiari di questa situazione che ha consentito loro di andare a caccia anche in periodi in cui tale attività è vietata (traendone anche, alcuni di loro, introiti dalla vendita delle carni degli animali uccisi);

verificare che tipo di controlli vengono effettuati sulle attività di selecontrollo attualmente consentite, considerato che quelle che dovrebbero essere delle girate si trasformano sostanzialmente in vere e proprio braccate, deleterie, soprattutto in periodi di riproduzione come questo, non solo per i cinghiali, ma per tutta la fauna che viene inseguita e spaventata da cani e spari;

analizzare in quanti casi sono state adottate le misure dissuasive non cruente, che appunto si dovrebbero sperimentare prima di passare agli abbattimenti, e che tipo di risultati queste hanno comportato;

studiare le relazioni tra lupo e cinghiale considerato che, essendo il cinghiale alla base della dieta del lupo, l’eliminazione di un numero consistente di cinghiali spingerebbe i lupi a predare maggiormente pecore o altri animali da allevamento;

verificare i risultati delle catture che alcune realtà locali hanno portato avanti verificandone l’applicabilità su altri territori, non legandola a motivi economici di vendita delle carni, ma più opportunamente all’efficacia rispetto agli obiettivi della riduzione del danno e del superamento di eventuali squilibri ecologici per sovrannumero di capi.

Come WWF ci rendiamo conto che si tratta di un programma di attività estremamente complesso, ma la logica e l’esperienza ci spingono a lavorare in questa direzione al fine di dotare l’Abruzzo finalmente di un sistema di gestione della specie che miri a risolvere efficacemente il problema, percorrendo finalmente la strada della ricerca e del confronto tecnico e tralasciando le altre vie che fino a oggi non hanno evidentemente portato ai risultati sperati.

Fonte: cityrumors.it del 18 luglio 2018




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giovedì 2 agosto 2018

Pepe scrive a ministri per danni a fauna selvatica. Necessario tavolo di concertazione permanente con le Regioni

(REGFLASH) Pescara, 1 ago. "La caccia in braccata 5 mesi l'anno al posto dei tre attuali e un tavolo di concertazione permanente tra Regioni e Ministeri competenti con azioni concrete da mettere in campo, per fronteggiare l'insostenibile carico di cinghiali nella nostra regione".
L'assessore all'Agricoltura, Dino Pepe, lo richiede nella lettera inviata al Ministro per le Politiche agricole, Gian Marco Centinaio, ed al Ministro per l'Ambiente, Sergio Costa, dopo aver sollecitato in merito i predecessori alla guida dei due Dicasteri. Autonomia gestionale delle Regioni, per poter valutare ed implementare le strategie più opportune e funzionali al proprio assetto socio-economico e territoriale, netta distinzione tra l'esercizio dell'attività venatoria e quella di controllo; possibilità per le Regioni di ampliare i periodi di caccia di alcune specie di selvatici, in particolare degli ungulati, in presenza di esigenze riscontrate dall'Osservatorio Faunistico Regionale o dall'ISPRA; un numero maggiore di giornate di caccia settimanali per gli ungulati ed altre specie molto dannose; il controllo, la prevenzione e il risarcimento dei danni sia nelle aree a gestione programmata della caccia sia all'interno delle aree ove l'esercizio venatorio è vietato; la possibilità per le Regioni di avvalersi del parere tecnico-scientifico dell'Osservatorio Faunistico Regionale (se ne sono dotate) per il monitoraggio delle specie e la definizione degli interventi da realizzare sul territorio al fine di garantire l’equilibrio; l'avvio dell'attività venatoria nelle aree contigue ai Parchi con una modulazione della pressione venatoria; l'affidamento alle Regioni della gestione della fauna selvatica nelle aree contigue ai Parchi con appositi regolamenti.
"La regione Abruzzo ha messo in campo tutto quanto la norma consente per il controllo della specie cinghiale ma questi strumenti sono chiaramente insufficienti. E' pertanto necessario andare oltre" afferma l’assessore Pepe. "Ormai l'emergenza cinghiali, - continua l'assessore - richiede azioni decisive che non possono essere più rinviate. Il punto cruciale di questo inizio, è la riorganizzazione dell'ormai 'obsoleta' normativa nazionale con particolare riferimento alle leggi 394 del 1991 e 157 del 1992. Tuttavia, gli obiettivi desiderati, - conclude l'assessore, - si possono raggiungere solo attraverso un maggiore coordinamento tra le diverse realtà istituzionali preposte alla gestione della pianificazione faunistico-venatoria e delle aree protette (Regione-Enti Parco) e tra quelle deputate alla gestione dell'attività venatoria e del territorio a caccia programmata come Associazioni professionali agricole, associazioni venatorie ed Ambiti Territoriali di Caccia". (REGFLASH) US180801
 

Osservazioni WWF al Calendario venatorio 2018/19. Basta regali ai cacciatori: no a preapertura e prolungamenti dei periodi di caccia

Comunicato stampa del 23 luglio 2018


Osservazioni WWF al Calendario venatorio Abruzzo 2018/19

Basta regali ai cacciatori: no a preapertura e prolungamenti dei periodi di caccia

Indispensabile essere più incisivi sulla tutela dell’Orso ormai a rischio estinzione


Il WWF Abruzzo ha inviato questa mattina alla Regione le proprie osservazioni sul calendario venatorio per la stagione 2018/19. Le osservazioni partono da una premessa di carattere generale per poi scendere nei dettagli di alcune problematiche specifiche.

Nella premessa si sottolinea una ormai cronica inadempienza della Regione che, benché la legge consenta il prelievo venatorio sulla sola base del criterio della caccia programmata, continua a disattendere tale normativa “persino in merito alla redazione del più importante strumento di pianificazione faunistico-venatoria di cui dovrebbe dotarsi: il Piano Faunistico Venatorio Regionale, in prorogatio da oltre 10 anni (2007)”. Una grave carenza di pianificazione che è stata tra l’altro più volte censurata dai giudici amministrativi in varie sentenze emesse a seguito di ricorsi presentati dal WWF e che è ancora più grave visto che non ha mai visto la luce neppure l’Osservatorio Faunistico Regionale (OFR), importante strumento di studio monitoraggio e tutela previsto dalla legge regionale n. 10/2004.

Per queste ragioni il WWF ritiene che la Regione Abruzzo non possa legittimamente svolgere la propria azione amministrativa di programmazione dell’attività venatoria per la stagione 2018/19 in mancanza dei dati che attestino l’effettiva presenza della fauna sul proprio territorio: dati che non possono essere limitati a quelli cosiddetti “di carniere”, insufficienti per qualsiasi valutazione di merito.

In assenza di un quadro scientifico di riferimento sarebbe indispensabile richiamarsi al principio di precauzione (ribadito anche dalla recente Ordinanza del Consiglio di Stato n. 8713 del 2016) approvando un calendario venatorio che tenga conto della mancanza di dati che non permettono di superare i limiti della tutela stabiliti dall’ordinamento nazionale. In caso contrario, si creerebbe un grave danno alla fauna selvatica e agli equilibri biologici.

Scendendo nel dettaglio, il WWF ricorda di aver apprezzato, nel 2017, l’iniziativa presa dalla Giunta Regionale abruzzese di eliminare finalmente la preapertura a settembre e di effettuare una apertura unica al 1° ottobre. Purtroppo, nella proposta di calendario venatorio in esame, la Giunta Regionale reintroduce l’apertura dal 16 settembre, vanificando la scelta innovativa e coraggiosa dello scorso anno, dimenticando tra l’altro che l’apertura generale a ottobre era stata chiesta anche dall’ISPRA. Eliminando la preapertura torneranno a crearsi impatti negativi della caccia sulla fauna selvatica, anche su quella non cacciabile, in quanto, come è noto, a settembre molte specie sono ancora nella fase di cura della prole. Aumenterà il fenomeno del bracconaggio che avviene soprattutto quando la caccia è consentita solo ad alcune specie.

Il WWF ritiene inoltre che sia un grave errore prevedere di estendere la caccia alla Beccaccia sino al 10 gennaio nonostante i pareri contrari di ISPRA (vedi da ultimo quello con protocollo n. 35919 del 30/05/18) e la decisione dell’Ordinanza del Consiglio di Stato (n. 8713 del 2016) che chiedono di fissare come data ultima il 31 dicembre.

Il calendario venatorio proposto prevede inoltre la possibilità di estendere il periodo di caccia alla specie Colombaccio fino al 10 febbraio 2019. Ciò è incompatibile con le carenze di cognizioni scientifiche della Regione Abruzzo e delle Province, già in passato censurate dai giudici amministrativi che hanno evidenziato come l’estensione dei periodi di caccia non può essere decisa solo sulla base di alcuni dati relativi agli abbattimenti e senza un Piano Faunistico Venatorio vigente. La caccia a febbraio è estremamente dannosa e pertanto da non consentire.

Circa la caccia alla Coturnice, come già evidenziato in precedenti note indirizzate agli Uffici regionali e all’ISPRA, si spiega come recenti studi abbiano dimostrato una distribuzione della specie frammentaria e con nuclei tra loro isolati, situazione che implica uno scarso o assente scambio d’individui. In una tale situazione l’unica proposta possibile è la sospensione della caccia alla Coturnice in Abruzzo, per un periodo di tempo sufficiente alla raccolta di dati puntuali e aggiornati sulla diffusione e sul trend della specie.

Da alcuni anni l’ISPRA indica poi come sia indispensabile impedire la caccia vagante sul territorio dal 1° gennaio in poi, indistintamente dalle specie cacciate. Si ritiene infatti, giustamente, che in tal modo si riduca l’impatto dell’attività venatoria sul territorio e sulle specie animali in genere. Va dunque introdotta nel calendario una disposizione che preveda dal 1° gennaio la caccia sul territorio abruzzese possa essere esercitata esclusivamente sotto forma di appostamento fisso o temporaneo, peraltro ciò consentirebbe un migliore controllo dell’attività da parte degli organi di polizia.

Il WWF ricorda anche che, con Deliberazione n. 480 del 5/7/2018, la Regione Abruzzo ha approvato la perimetrazione dell’area contigua al Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise. È opportuno che il calendario in approvazione recepisca quanto definito dalla relativa normativa di attuazione. Va poi portato il carico venatorio a 1 a 40 in tutta la ZPE abruzzese del Parco, adeguandosi al carico di Lazio e Molise.

Ancora: va abolita la possibilità di effettuare la caccia in forma collettiva con l’utilizzo di tre cani (cosiddetta “mini-braccata”) nella Zona di Connessione ed Allargamento (ZPC) e vanno uniformate le modalità e le forme di caccia tra ZPC e ZPE (Zona di Protezione Eesterna al Parco d’Abruzzo), aree nelle quali è accertata la presenza dell’Orso Bruno Marsicano.

“Proprio per la salvaguardia dell’Orso bruno marsicano dal pericolo di estinzione vanno adottati provvedimenti più incisivi”, dichiara Dante Caserta, vicepresidente del WWF Italia. “Appare quanto mai opportuno estendere le misure previste per la ZPE a tutto l’areale dell’Orso nonché adottare nell’area contigua del Parco Nazionale d’Abruzzo tecniche di caccia a minor impatto (caccia di selezione). L’integrazione tra il calendario venatorio e il Piano d’Azione per la Tutela dell’Orso Marsicano (PATOM), deve essere reale e concreta se la tutela della specie rappresenta effettivamente una priorità. L’attuazione di pratiche venatorie a minor impatto non può essere, quindi, relegata alla sola ZPE, ma va estesa a tutto l’areale della specie a cominciare dall’introduzione del divieto di braccata al cinghiale a vantaggio di tecniche venatorie a minor impatto”.

“Siamo alle solite”, conclude Luciano Di Tizio, delegato WWF Abruzzo. “Se lo scorso anno era stato fatto qualche passo avanti in materia di gestione faunistica, la Regione Abruzzo sembra ora voler tornare indietro. Ribadiamo per l’ennesima volta che la fauna è patrimonio di tutti e non dei soli cacciatori e che la sua gestione deve essere svolta su basi scientifiche e nel rispetto delle normative di tutela. Ci aspettiamo che la Regione riveda il calendario prima di approvarlo, altrimenti saremmo costretti a ritornare nelle aule giudiziarie che finora hanno sempre visto la Regione soccombente”.


WWF Italia Onlus, Abruzzo
abruzzo@wwf.it

Abilitazione caccia, proteste contro assessore Pepe: «vuole bloccare tutto»

Abilitazione caccia, proteste contro assessore Pepe: «vuole bloccare tutto»

Un ricorso al Tar non è bastato per far ripartire la commissione d’esame



TERAMO. L’Ufficio Caccia Regionale e l’assessore Dino Pepe vogliono impedire alla Commissione d’esame per il conseguimento dell’abilitazione all’esercizio venatorio, legittimamente costituita nella Provincia di Chieti, di funzionare.

Ne è convinto il presidente della Federazione Italiana Caccia Abruzzo, Ermano Conocchioli Morelli, che denuncia una serie di «illegittime ed inopportune decisioni» prese dall’assessore e dagli uffici tecnici.

Decisione che starebbero creando problemi a quanti voglio conseguire l’abilitazione.

La commissione d’esame è stata istituita a gennaio 2017 dalla giunta regionale ma Conocchioli Morelli contesta il fatto che ad un certo punto Pepe ed il dipartimento competente abbiano proposto la modifica della composizione della Commissione «prevedendo, in palese violazione del dettato normativo di riferimento, l’inserimento di Franco Perco quale membro effettivo (non più supplente come in principio)».

Sarebbe stato dunque ampliato, contesta la Federazione «in modo del tutto illegittimo, il numero dei componenti la Commissione». La modifica è stata poi approvata anche dalla giunta regionale a febbraio del 2018.

IL RICORSO AL TAR

L’Unione Nazionale Enalcaccia ha presentato ricorso al Tar chiedendo in via cautelare la sospensione dell’esecuzione del provvedimento.

Il tribunale amministrativo a maggio scorso ha sospeso l’efficacia della delibera e dunque la Federazione ha subito chiesto di ripristinare la vecchia commissione per consentire ai cittadini interessati, residenti nella provincia di Chieti, di sostenere l’esame per il conseguimento della licenza venatoria.

La Regione non è rimasta a guardare e Pepe ha chiesto ed ottenuto una delibera per rinnovare il procedimento di nomina della Commissione d’esame senza però revocare l’atto di costituzione. E’ stato anche stabilito che gli esami dei candidati teatini venissero effettuati dalla Commissione di Pescara, in trasferta a Chieti.

«L’illegittimità di tale deliberazione appare facilmente percepibile», contesta la Federazione Italiana Caccia. «E’ un malcelato escamotage per aggirare l’ordinanza cautelare del Tar. La Regione ha disposto la paralisi di ogni attività della Commissione già legittimamente costituita in Provincia di Chieti e la sua sostituzione con quella della Provincia di Pescara, con chiari disagi per i cacciatori del chietino».

Morelli fa notare che la Commissione d’esame di Chieti non è stata destituita e deve poter continuare ad operare nella sua composizione originaria. Da qui la richiesta di riportare tutto come era prima. La Federazione ha fatto anche una segnalazione alla procura di pescara, alla corte dei conti e pure al Tar.

Fonte: primadanoi.it del 20 luglio 2018

mercoledì 1 agosto 2018

Apertura stagione venatoria, Arci caccia Teramo: “Crescono le distanze dal mondo agricolo”

Apertura stagione venatoria, Arci caccia Teramo: “Crescono le distanze dal mondo agricolo”
 
In merito alla prossima apertura della stagione venatoria, il Presidente dell’ARCI Caccia di Teramo Massimo Sordini.

“Torna l’apertura ma, in Provincia, ai cacciatori si danno in pasto solo e sempre vecchie polemiche riciclate. La gestione della fauna selvatica da noi, sembra ritornata all’età della pietra. Parlano di caccia per assicurarsi di sopravvivere a se stessi e sfuggire al pensionamento per più che oltrepassati limiti di età di dirigenti di un tempo che fu.

La gestione degli ATC è sempre avvolta da “nebbie”, mentre crescono le distanze degli interessi del mondo agricolo. Non si investe in riproduzione naturale della piccola selvaggina, gli interessi buoni e talvolta meno buoni ruotano attorno al “cinghiale”, alla carne. C’è bisogno di cambiare, di avere politiche e tecnici che lavorino per produrre ambienti idonei alla riproduzione di selvaggina e per il governo dell’intero territorio agro-silvo-pastorale nell’equilibrio delle specie selvatiche.

Troppa ideologia, tanto fanatismo estremista si scarica sul calendario venatorio auspicando la propria foto su facebook. La moda prevale sulla conoscenza e sulla scientificità delle soluzioni tecniche. Piani faunistici operativi, lotta al bracconaggio, tutela della buona caccia, restano parole al vento da decenni.

Il rapporto con le nuove generazioni è sempre più difficile. Le Associazioni venatorie non trovano tra di loro la sintesi culturale perché il desiderio di qualcuno che ha sclerotizzato il suo pensiero: il grande che, per tirare a campare, vuole mangiare il piccolo (in realtà, il grande muore affamato).

L’ARCI Caccia confida nelle capacità dei cacciatori che vogliono la caccia sociale oggi e in futuro, sanno che possono ambire a riscattarsi nella Società e presso le future generazioni in barba a quanti sono “avanti Cristo nato” e pensano solo a se stessi. I cacciatori, ma anche i cittadini, hanno scoperto che il doppio estremismo, il fanatismo serve solo a sistemi di potere. Questi cominciano a scricchiolare, è tempo di demolirli”.
Fonte: cityrumors.it del 18 luglio 2018