mercoledì 18 agosto 2021

TAR: sospeso fino all’8 settembre il calendario venatorio della Regione Abruzzo

Comunicato stampa del 18 agosto 2021 

Sospeso fino all’8 settembre il calendario venatorio della Regione Abruzzo a seguito del ricorso presentato dalle Associazioni ambientaliste WWF, ENPA, LIPU, LAV e LNDC 

Il TAR sancisce un importante principio: l’interesse prevalente deve essere quello della tutela e della conservazione della fauna selvatica 



È stato sospeso interamente il calendario venatorio della Regione Abruzzo fino alla prossima udienza dell’8 settembre, a seguito del ricorso presentato nei giorni scorsi dalle Associazioni ambientaliste WWF, ENPA, LIPU, LAV, LNDC curato dagli avvocati Michele Pezone ed Herbert Simone. 

 

Ancora una volta la Regione Abruzzo produce un documento che regola l’attività venatoria senza considerare gli interessi generali della tutela della fauna selvatica, come gli ricordano i giudici del TAR. Troppi sono gli attacchi per la fauna contenuti nel documento che regola la caccia in Abruzzo per la prossima stagione venatoria, le Associazioni hanno evidenziato molteplici criticità che possono mettere in pericolo specie di rilevante interesse conservazionistico. 

Nella versione impugnata del calendario venatorio, si prevede incredibilmente la caccia alla Tortora selvatica per la quale l’ISPRA (l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, che si occupa a livello nazionale di rilasciare pareri alle Regioni in merito ai calendari venatori) aveva chiesto la totale sospensione del prelievo, evidenziando che la specie è indicata in precario stato di conservazione (SPEC 1 in BirdLife International) e richiamando la moratoria dell’attività venatoria richiesta dal Ministero della Transizione ecologica. Il calendario venatorio della Regione Abruzzo, incurante sia delle indicazioni ministeriali e dell’ISPRA sia dello stato di conservazione della Tortora, consente di sparare alle tortore, addirittura anche in periodo di pre-apertura, venendo meno, in maniera del tutto assurda, persino a quanto contenuto nel Piano Faunistico Venatorio della stessa Regione Abruzzo che ammette espressamente che “i risultati di un modello preliminare evidenziano che i livelli attuali di pressione venatoria sono molto probabilmente insostenibili”. 

Non mancano altre preoccupanti pre-aperture come quella prevista per la Quaglia, tra le specie con uno stato di conservazione insoddisfacente (categoria SPEC 3 - “in declino a livello europeo”) già nelle giornate dell’11 e del 12 settembre e poi nelle giornate del 19, 25 e 26 settembre o l’apertura della caccia il 19 settembre per le specie Alzavola, Canapiglia, Codone, Folaga, Porciglione, Germano reale, Gallinella d’acqua, Marzaiola, Fischione, Mestolone, Beccaccino, Frullino. L’ISPRA, nel proprio parere raccomanda un’apertura generale della caccia a tutte le specie ornitiche al 2 ottobre in modo da permettere un completo sviluppo degli ultimi nati, evitare il rischio di confusione con specie non cacciabili e il disturbo generato dalla presenza di un numero elevato di cacciatori sul territorio in una fase ancora delicata del ciclo biologico di diverse specie. 

Ma le problematiche sono anche altre: l’allenamento dei cani da caccia consentito nei trenta giorni che precedono l’apertura della caccia, e cioè a partire già dal 19 agosto mentre l’ISPRA nel suo parere aveva evidenziato come tale data sia prematura e riteneva di posticipare ai primi giorni di settembre l’epoca di addestramento; o anche il mancato divieto di caccia alle foci dei fiumi per 500 metri dalla costa e per 100 metri a destra e sinistra degli assi fluviali, inserito nei precedenti calendari venatori e quest’anno riportato in modo del tutto assurdo e incomprensibile esclusivamente ai SIC/ZPS (e, cioè, praticamente alla sola foce alla sinistra orografica del fiume Sangro). Le foci fluviali abruzzesi assolvono un ruolo fondamentale per la migrazione di ritorno non solo per le specie strettamente acquatiche, ma anche per quelle temporaneamente legate alle zone umide, rappresentando importanti aree di riposo e svernamento. 

Ancora una volta la Regione Abruzzo omette di gestire l’area contigua del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, istituita con Delibera di Giunta regionale n. 480 del 5 luglio 2018. L’art. 32 comma 3 della L. 394/91 (Legge quadro per le aree protette) prevede che nelle aree contigue la caccia sia “riservata ai soli residenti dei comuni dell'area naturale protetta e dell'area contigua”, ma nel calendario venatorio abruzzese il passaggio viene “dimenticato”: si prevedere una densità venatoria di un cacciatore ogni 40 ettari nell’Area Contigua del PNALM anziché limitare l’attività venatoria ai soli cacciatori residenti nel Comuni dell’Area contigua. Si ricorda che l’Area contigua è uno degli obiettivi espressamente previsti dal PATOM (Piano d'Azione nazionale per la tutela dell'orso bruno Marsicano) finalizzata appunto ad aumentare la tutela dell’Orso. 

Ora sarà tutto fermo fino all’8 settembre, quando si discuterà nel merito del calendario venatorio, si eviteranno alcune giornate di pre-apertura della caccia, in particolare per la Tortora ed è rimandato l’addestramento dei cani: diversi animali saranno salvati dalle doppiette e verrà evitato il disturbo sul territorio. Resta però l’amarezza di dover discutere la programmazione venatoria attraverso ricorsi e atti giudiziari invece di aprire un dialogo costruttivo con la Regione Abruzzo basato sul concetto di dover come prima istanza tutelare il prezioso patrimonio faunistico che condivide con noi il territorio. 

 

Abruzzo: “Dopo gli incendi si fermi la caccia per salvaguardare una fauna già stressata”

COMUNICATO STAMPA DEL 13 AGOSTO 2021 

 

La richiesta di Legambiente, LIPU e WWF Abruzzo al presidente della Regione e all’assessore 

“Dopo gli incendi si fermi la caccia per salvaguardare una fauna già stressata” 

 


Nei giorni scorsi le rappresentanze abruzzesi di Legambiente, Lipu e WWF hanno indirizzato un appello urgente al presidente della Regione Marco Marsilio e all’assessore Emanuele Imprudente, inviandolo per conoscenza anche al Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani, per chiedere interventi immediati a tutela della fauna selvatica in un territorio colpito così gravemente dagli incendi, con particolare riferimento all’attività venatoria.  

La vastità degli incendi che hanno interessato alcune aree dell’Abruzzo ha provocato e sta tuttora provocando notevolissimi danni, sia diretti che indiretti, alla fauna e agli habitat naturali, con un numero imprecisabile di animali deceduti e numerosi siti, anche di notevole valore faunistico, distrutti dal fuoco. Un quadro a dir poco critico, che purtroppo si prolungherà nel tempo e che potrebbe ulteriormente aggravarsi con l’apertura della stagione venatoria.  

In una situazione ancora di piena emergenza, la caccia danneggerebbe gravemente anche alcune specie migratorie già in difficoltà nel reperire il cibo, in particolare dove gli incendi hanno parzialmente o interamente distrutto zone caratterizzate da boschi e macchia mediterranea.  

Le Associazioni hanno chiesto per questo il blocco dell’apertura della caccia per la stagione 2021/22, un provvedimento definito “doveroso, ragionevole e responsabile”, previsto del resto dall’art.19 della L.157/92 che disciplina l’attività venatoria in Italia. WWF, LIPU e Legambiente la ritengono una scelta doverosa: sarebbe auspicabile un blocco totale, oppure andrebbe almeno, come minimo, prevista la chiusura dell’attività venatoria per una superficie del territorio agro silvo pastorale, oggi destinata alla libera caccia, pari alle superfici naturali e seminaturali perse a causa delle fiamme. 

Considerando, inoltre, che l’articolo 10 della legge 353/2000 “legge quadro in materia di incendi boschivi” prevede il divieto assoluto di caccia per un periodo di 10 anni su tutti i terreni boscati percorsi dal fuoco, le tre Associazioni hanno chiesto di adottare provvedimenti immediati che impongano tale divieto nelle aree incendiate e in quelle limitrofe, dove hanno trovato e troveranno rifugio gli animali scampati agli incendi. In queste zone si verificano infatti fenomeni di sovraffollamento, sfruttamento intensivo delle risorse e accentuazione della competizione alimentare, causati dalla distruzione delle reti alimentari e dagli spostamenti della fauna superstite, con conseguente aumento della mortalità. È inaccettabile che questa fauna già stressata debba subire un’ulteriore pressione qual è quella rappresentata dall’attività venatoria. Il divieto, per essere efficace, dovrà essere accompagnato dall’attivazione di tutte le procedure necessarie e da una opportuna sorveglianza perché vengano rispettate le disposizioni di legge.