mercoledì 27 aprile 2011

Un altro orso morto. Per il WWF bisogna chiudere alla caccia i territori dove avvengono casi di bracconaggio

Orso rivenuto morto a Villa Scontrone: stiamo perdendo un patrimonio di valore incalcolabile

Il WWF sollecita gli enti a mettere in campo azioni più incisive di controllo, prevenzione e repressione e chiede un’immediata riunione del PATOM

Dalla magistratura e dalle forze di polizia ci aspettiamo maggiori risultati




L’ennesimo orso ritrovato in località “Violata” di Villa Scontrone, frazione del comune di Scontrone (AQ) al limite del Parco Nazionale d’Abruzzo è la conferma di come il nostro territorio sia assai scarsamente controllato permettendo così a chi vuole distruggere il più grande mammifero europeo di agire indisturbato.

L’episodio è ancora più grave per le modalità in cui è avvenuto: chi ha ucciso l’orso ha poi avuto il tempo di trasportarlo, scavare una fossa e coprirlo di calce e terra per non farlo ritrovare. Una modalità che preoccupa perché fa pensare che potrebbero esserci altri orsi uccisi e non rinvenuti.

Del resto, sono ormai frequenti i casi di animali protetti (lupi, cervi, caprioli) uccisi anche all’interno dei parchi, mentre il bracconaggio sui cinghiali è molto esteso e troppo spesso tollerato. E diffusissimi sono i bocconi avvelenati ed i lacci lasciati sui campi al fine di colpire gli animali che possono arrecare danni alle colture ed al bestiame allevato.

Le indagini che vengono avviate dopo queste uccisioni il più delle volte non portano a processi e men che meno a condanne. Basti pensare all’uccisione dell’Orso Bernardo e degli altri due orsi nel settembre del 2007, ad oggi rimasta impunita, mentre nelle stesse zone dove furono rivenuti i tre orsi morti continuano ad essere uccisi con il veleno esemplari di specie protette.

Se non si vuole far estinguere l’Orso Marsicano, si devono mettere in campo azioni più incisive sia nella prevenzione che nella repressione di questi crimini.

Il PATOM, il Piano d’azione per la tutela dell’Orso marsicano che vede coinvolti tutti gli enti competenti per la conservazione di questa specie, sembra non essere riuscito a tradurre in azioni efficaci gli studi ed i documenti che ha elaborato.

È necessario un suo rilancio nel segno dell’efficacia.

È necessario che Ministero dell’Ambiente, Regione Abruzzo, Provincia di L’Aquila, Parco Nazionale d’Abruzzo e Corpo Forestale dello Stato, vale a dire le istituzioni che hanno le maggiori responsabilità ed i maggiori poteri, facciano di più e meglio, cominciando a chiudere alla caccia i territori dove avvengono casi di bracconaggio.

27 aprile 2011



Camilla Crisante – Presidente WWF Abruzzo
Dante Caserta – Consigliere nazionale WWF Italia
Massimiliano Rocco – Responsabile LIFE Orso per il WWF Italia

martedì 26 aprile 2011

Un altro orso morto. Il PNALM: regolamentare l'attività venatoria tramite l'Area Contigua

Il ritrovamento dei resti di uno orso ripropone drammaticamente la questione della sopravvivenza di questa pregiatissima specie animale.



Pescasseroli, 23 Apr 11 - Il ritrovamento dei resti di uno orso nella Zona tra Alfedena, Scontrone e Castel di Sangro, quasi certamente vittima di bracconieri, date le modalità di occultamento di parte della carcassa, ripropone drammaticamente la questione della sopravvivenza di questa pregiatissima specie animale.
Come è noto, una piccola popolazione di questa speciecarismatica come poche altre in Italia, vive in gran parte nei confini del Parco Nazionale e nella Zona di Protezione Esterna dello stesso, la quale dovrebbe essere riconosciuta dalle Regioni Abruzzo e Lazio – il Molise lo ha fatto! – come Area Contigua ai sensi della legge quadro.
L'Area Contigua permetterebbe un più corretto esercizio della attività venatoria e una più ampiasorveglianza rispetto ad oggi, quando alcune zone restano purtroppo incontrollate e luogo di azione di bracconieri senzascrupoli.

Purtroppo, dice il Presidente del Parco Giuseppe Rossi, pur in presenza di tassi di riproduzione in piena linea con quelli naturali per la specie – come ci dicono i ricercatori impegnati nel Parco – le loro ottime condizioni fisiche e nessun deperimento per scarsità di risorse alimentari, il numero di esemplari viventi continua a diminuire o comunque a non aumentare.

Anche se, dice ancora il Presidente, negli ultimi anni, dalle attività di studio e monitoraggio assicurate dall'Ente, una leggera ripresa sembra esserci.

Certo, se non si pone rimedio al fenomeno del bracconaggio, in particolare fuori dai confini del Parco, e non si regolamentano in modo definitivo alcune attività umane "sportive" ed "economiche", la sfida della conservazione sarà, alla lunga, molto dura e difficilmente vinta.

La specie subisce, infatti, una mortalità troppo elevata per cause antropiche per permettere un aumento della popolazione e la sua espansione in aree diverse dell'Appennino.

Gli studiosi della Università La Sapienza di Roma e i ricercatori del Parco, che da alcuni anni conducono indagini sull'orso marsicano ritengono che tutto l'Appennino Centrale, soprattutto nei suoi parchi nazionali e regionali e nelle riserve naturali, è una grande area che costituisce habitat idoneo all'orso ma non offresufficiente protezione.

La mortalità dell'orso è troppo alta per assicurare la conservazione della specie in tempi lunghi. Mortalità che sembra legata soprattutto al persistente bracconaggio, all'uso indiscriminato di veleni e anche a una attività zootecnica intensiva basata su mucche e cavalli bradi che si difendono con veleni e fucilate da tutti i potenziali predatori.

La mancanza di impegno e la mancata attuazione di accordi e protocolli – si pensi al PATOM – che evidenzia l'abisso esistente tra il dire e il fare della politica e della amministrazione, fanno il resto. Da una parte, infatti, si fanno e si continuano a fare dichiarazioni d'amore per la natura e la conservazione, dall'altra si continuano a pianificare strade, infrastrutture e impianti in aree di vitale importanza per il futuro dell'orso.

Un dato che fa riflettere è quello delle morti non naturali negli ultimi 40 anni.
Dal 1970, infatti, le morti di orsi per mano dell'uomo accertate dal Parco sono ben 98!

E i responsabili sono purtroppo rimasti in gran parte impuniti.

Comunicato Stampa PNALM n. 29/2011

giovedì 21 aprile 2011

Pescara. Accordo Parchi-Provincia per gestione cinghiali

PESCARA - E' stato firmato in Prefettura, a Pescara, il protocollo d'intesa tra l'ente parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, l'ente parco nazionale della Majella e la Provincia di Pescara per la gestione coordinata delle popolazioni di cinghiale presenti sul territorio provinciale.

Gli interventi, secondo quanto stabilito dal documento, dovranno essere condivisi e pianificati per il miglioramento delle strategie di conservazione e gestione della fauna selvatica e del suo ambiente, con particolare attenzione alla tutela delle attivita' agricole sostenibili presenti sul territorio della provincia di Pescara e alle esigenze espresse dalle popolazioni locali.

"L'obiettivo - spiega l'assessore provinciale all'Ambiente, Mario Lattanzio - è quello di promuovere il coordinamento tra la Provincia e i Parchi per la standardizzazione dei metodi di monitoraggio della specie e per favorire la produzione di dati confrontabili aggiornati sulla popolazione selvatica. Lo scopo e' anche quello di provvedere alla semplificazione delle procedure di indennizzo dei danni causati dai cinghiali".

Sarà un gruppo tecnico costituito dal personale degli enti parco e dell'amministrazione provinciale che si riunira' periodicamente a stabilire le azioni necessarie al raggiungimento degli obiettivi prefissati.

A sottoscrivere il protocollo d'intesa sono stati l'assessore Mario Lattanzio, il presidente dell'ente parco nazionale Gran Sasso e Monti della Laga, Arturo Diaconale, e il commissario straordinario dell'ente parco nazionale della Majella, Franco Iezzi.

La Provincia, infine, elaborerà per le zone esterne delle aree protette, un regolamento per il prelievo dei cinghiali durante la stagione venatoria. Il documento sarà predisposto secondo le linee guida per la gestione del cinghiale stabilite dall'Ispra e dal Ministero per le Politiche agricole e Forestali.




lunedì 11 aprile 2011

Cacciatori-bracconieri associati (a delinquere): arresti in Abruzzo

GEAPRESS – Erano tutti cacciatori con regolare licenza i tre indagati di Aielli (AQ) che assieme a un cittadino di origine romena, avevano di fatto costituito una vera e propria organizzazione delinquenziale. Due di loro sono stati tratti in arresto con l’accusa di associazione a delinquere, detenzione illegale di armi alcune con matricola abrasa, un fucile a canne mozze ed una carabina. Nelle case degli indagati pure lacci-cappio usati negli atti di caccia illegale. La cosa assurda, commentano gli inquirenti, è che in linea teorica, salvo provvedimenti dell’Autorità di sicurezza, la possibilità di andare a caccia rimane ancora aperta (salvo per i due arrestati, a seguito dell’immediato ritiro del porto d’armi). Bisognerà attendere la sentenza e l’eventuale responsabilità di uno specifico reato venatorio il quale, considerata la leggerezza delle previsioni della legge sulla caccia, potrebbe anche non comportare il ritiro della licenza di porto d’armi uso caccia. L’attività di bracconaggio aveva un duplice scopo. La vendita dei trofei e la carne per la ristorazione. Nel primo caso la Forestale sospetta che potesse non essere questo il principale scopo dei cacciatori convertiti al bracconaggio. Questo anche se i trofei possono raggiungere cifre di tutto rispetto (1000-1500 euro per una testa di cervo e 200-500 euro per un palco di corna). Il principale scopo dell’associazione illegale era, infatti, quello della vendita di carne di cervo e capriolo a ristoratori compiacenti. Una fatto illegale oltre che pericoloso. Nessuno, infatti, è in grado di poter garantire sull’idoneità al consumo della carne. Inoltre, la Forestale sospetta anche l’uso di veleni per abbattere le prede. Cosa ancor più inquietante considerato il consumo umano. Le denunce e gli arresti di oggi nascono, secondo gli inquirenti, da notizie apprese nell’ambiente venatorio della zona, dove la sistematicità dell’attività messa in atto dai quattro aveva, sempre secondo gli inquirenti, iniziato a dare fastidio. In modo particolare, lo scorso autunno, veniva segnalata alla Forestale il perdurare di una situazione di palese illegalità nella conduzione dell’attività venatoria degli indagati. Quattro mesi di indagini, coordinate dal Vice Questore Aggiunto del Corpo Forestale dello Stato dr. Luciano Sammarone, che ha diretto il complesso lavoro di intelligence che alla fine ha portato ad individuare i quattro indagati. Appostamenti, pedinamenti e rilievi di campo. Ad essere coinvolti i Comandi Stazione di Avezzano, Tagliacozzo e Morino. Alle prime luci di questa mattina è partita l’ultima fase dell’operazione denominata “Marsica orientale” . In tutto 30 forestali provenienti da diversi reparti del Comando Provinciale de L’Aquila per dare seguito a ben 13 mandati di perquisizione emessi dalla Procura di Avezzano (AQ). Proprio nel corso delle perquisizioni sono state confermate le ipotesi di reato, ivi compresa l’associazione a delinquere. L’area dove venivano uccisi gli animali è probabilmente quella del Parco Regionale Sirente Velino. Fonte: Geapress del 09 aprile 2011