venerdì 28 luglio 2017

Caos caccia in Abruzzo. Federcaccia contro le altre associazioni venatorie

FEDERCACCIA DENUNCIA: “BARBARO MASSACRO DI CINGHIALETTI A TOSSICIA” E POI SI SCAGLIA CONTRO GADIT, LIBERA CACCIA, URCA, ARCI CACCIA ED ENALCACCIA

dal presidente regionale della federcaccia, Ermanno Morelli, riceviamo:

Federcaccia per mesi è rimasta in silenzio, nonostante la situazione relativa al contenimento dei cinghiali, alla redazione del piano venatorio e tante altre cose stessero degenerando in disprezzo alle leggi. Adesso è giunto il momento di affermare la nostra posizione stanchi delle offese gratuite che quotidianamente vengono offerte in pasto agli organi di informazione per creare confusione, tutelare interessi meramente personali e confondere le idee dell’opinione pubblica.

Prima di stilare un elenco di situazioni ai limiti dell’orrido ci teniamo a confermare il pieno appoggio ai presidenti degli Ambiti territoriali di caccia Vomano e Salinello che perseguono le strade del dialogo e della legalità. Crediamo che in Regione il presidente D’Alfonso debba dare seguito alle promesse che ha garantito davanti a centinaia di cacciatori, che non si faccia legare le mani da un assessore incompetente e da dipendenti incapaci di osservare la legge. Ci auguriamo inoltre che la Procura, dove giacciono denunce ben dettagliate, non insabbi tutto in nome di un falso quieto vivere.

Dopo questa prima premessa subito la questione più brutale e dispiace che solamente noi, che siamo un associazione venatoria, senza l’appoggio di animalisti e ambientalisti, dobbiamo denunciare l’uccisione barbara di cuccioli di cinghiale, partoriti morti da una scrofa incinta uccisa da chi parla di contenimento ma non rispetta tempi regole e soprattutto leggi. In allegato le foto dei cuccioli morti, possibile che nessuno si indigni di ciò a parte noi di Federcaccia? Allora vogliamo fare nomi e cognomi e sottolineare cosa succede nel Teramano.

Gli ultimi in ordine di tempo a sollevare la voce, senza averne titolo più di tanto sono stati gli esponenti della Gadit, il presidente Gaetano Ercole e suo fratello, dirigente Gadit, Ezio. La storia di Ezio Ercole la conoscono tutti nell’ambiente venatorio. Era iscritto di Federcaccia, da dove è stato cacciato, si è iscritto ad Arcicaccia, cacciato anche da lì, è passato a Enalcaccia con lo stesso risultato, sempre insieme al fratello Gaetano. Evidentemente non soddisfatti, sono riusciti a iscriversi a Italcaccia e a farsi espellere anche da questa Associazione. Ad abbundantiam, per alcuni anni Ezio Ercole (novello convinto animalista ambientalista) non ha rinnovato la licenza di caccia, ma all’improvviso, circa un paio di mesi fa ha rinnovato e si è iscritto con la squadra di girata per la caccia al cinghiale di Castel Castagna per attuare il piano di controllo in ossequio e al servizio di chi dalla regione ha ordinato la “tolleranza zero” sui cinghiali, anche se appena nati e quindi tutelati dalle leggi. Per avere un posto dove non poter essere cacciati i due fratelli hanno costituito la sezione Gadit.. Un’associazione dove alcune persone che credevano nell’ambientalismo si sono dimesse quando hanno capito che erano solo a sostegno del presidente che andava in accordo con un funzionario regionale dell’ufficio caccia. Dopo le loro dimissioni (abbiamo le prove) sono stati anche minacciati di non raccontare in giro cosa avevano visto.

Le azioni della Gadit le conosciamo sulla nostra pelle. Verbali fatti a cacciatori, censitori di beccaccia, che erano stati autorizzati dagli Atc e che poi sono stati archiviati. La Gadit dovrebbe controllare l’esecuzione corretta del piano di contenimento, invece preferisce solo attaccare gli Atc e Federcaccia.

Altro punto della questione: Libera Caccia chiede le dimissioni dei presidenti degli Atc. Negli Ambiti territoriali di Caccia c’è come loro rappresentante Bruno Santori, che è anche vicepresidente nazionale di Libera Caccia e in questa veste ha proposto di tutelare gli Atc, proposta votata all’unanimità da cacciatori, agricoltori e ambientalisti rappresentati all’interno. Parliamo di Urca, associazione ambientalista che dovrebbe tutelare gli animali e che si è costituita a sostegno della Regione che con quel piano di contenimento vuole distruggere gli animali (e le foto dei cuccioli uccisi ne sono la conferma). Urca ha scelto di essere difesa dall’avvocato Olivieri, che è anche presidente provinciale di Enalcaccia, che al Tar si è limitato (anche qui abbiamo le prove) a fare un copia e incolla delle memorie presentate dai legali della Regione che a loro volta avevano fatto un copia e incolla della relazione predisposta dal funzionario Castiglione. Come fa il presidente di Urca a chiedere le dimissioni dei presidenti Atc quando lui è presidente di una associazione ambientalista che dovrebbe tutelare i cuccioli di cinghiale?

L’Arci Caccia ( Segretario regionale Massimiliano De Luca e provinciale Massimo Sordini) che a parole ha sempre propugnato la caccia basata sulla “ GESTIONE”, in questa occasione preferisce avallare e tutelare ad ogni piè sospinto l’operato dell’Ufficio caccia regionale o, per essere più precisi le iniziative estemporanee del funzionario regionale Castiglione.

Queste associazioni anziché attaccare gli Atc che anche nei giorni scorsi davanti a centinaia di cacciatori hanno illustrato, leggi alla mano, gli errori e le incompetenze della Regione, dovrebbero preoccuparsi dell’operato degli uffici regionali su cui, speriamo, stia indagando la procura, anche in considerazione che loro e la Regione hanno già fatto indagare la Procura sull’operato degli Atc senza cavare un ragno dal buco.

Sembra che in questi giorni violare le leggi sia consentito. Nei giorni scorsi (anche qui ci sono prove) per ben tre volte è stato chiamato il 1515, la Forestale carabinieri di Torricella Sicura, la Forestale carabinieri di Crognaleto, la Forestale carabinieri di Teramo, per farli intervenire a Valle Canzano dove alcuni cacciatori avevano segnalato la presenza di cacciatori a fare battute che avrebbero dovuto fare battuta nel territorio di Tossicia. Nessun intervento di controllo. Abbiamo solamente assistito a uno scarica barile.

Per la cronaca i cinghialetti morti sono stati trovati martedì dalla squadra birillo a Tossicia. La madre è stata ammazzata sabato scorso mentre partoriva, i cuccioli abbandonati sul posto. Questo è quanto accade. Ogni commento mi sembra superfluo.

Ermano Morelli, presidente regionale di Federcaccia
 

giovedì 27 luglio 2017

LE GUARDIE AMBIENTALI D’ITALIA CHIEDONO ALLA REGIONE UNA VERIFICA SULL’OPERATO DEGLI ATC VOMANO E SALINELLO


L’ultima iniziativa dei Presidenti degli AATTC Vomano e Salinello, tesa ad affossare il piano di controllo della popolazione di cinghiali predisposto dalla regione Abruzzo, vanificando il lavoro svolto per la sua predisposizione e l’efficacia attesa, è naufragata miseramente per il provvedimento adottato dal TAR L’Aquila di rigetto della richiesta di sospensione formulata dagli stessi e di conseguenza, noi G.A.DIT, non possiamo far altro che condividere e sostenere la richiesta di dimissioni dei vertici ATC Vomano e Salinello espresse dalle associazioni ArciCaccia, EnalCaccia, Liberacaccia e Urca.
Tale presa di posizione, spiega il presidente Ercole Gaetano che giunge dopo diversi confronti sulla stampa locale e non solo, è giustificata anche dalle divisioni e dalle spaccatura provocate nel mondo venatorio, dalla gestione degli attuali vertici degli AATTCC che si sono dimostrati sordi alle indicazioni ed alle offerte di leale collaborazione che in più circostanze abbiamo formulato tenendo in considerazione gli aspetti e gli effetti provocati sull’ambiente, sull’agricoltura, sulla pubblica incolumità e sull’esercizio “dell’ars venandi ” stessa. Noi abbiamo sempre creduto che la caccia, esercitata nei modi previsti dalla legge, con trasparenza e senza “strane alchimie”, sia un patrimonio di tutti, Associazioni di Cacciatori, Agricoltori e Ambientalisti da gestire, con equilibrio e competenza, nell’interesse e nel rispetto della collettività a vario titolo interessata ma, l’esperienza fin qui maturata, lascia spazio al dubbio che così non sia.
Infatti, mentre è stato spesso letto, che, ai convegni da essi stessi organizzati, i presidenti Porrini e Sabini avrebbero invitato le Associazioni Ambientaliste e addirittura sembrava che parlassero anche a loro nome, nella realtà ciò non è avvenuto: Né Noi GADIT (salvo qualche raro caso in cui la finalità era quella di delegittimarle) e neppure WWF, Legambiente, CAI o altre Associazioni Ambientaliste maggiormente rappresentative hanno mai ricevuto l’invito a parteciparvi; forse è stata invitata l’Ekoclub che, per quanto a conoscenza, risulta essere costituita da cacciatori associati alla Federcaccia, con tutto quanto ne possa discendere!
Noi riteniamo che per l’importanza che rivestono, gli ATC che gestiscono cospicui fondi pubblici, meritino una guida diversa che ascolti tutti gli attori e che si adoperi seriamente per una gestione che possa portare risultati positivi e concreti e, magari solo allora, esporli nel corso di incontri pubblici aperti a tutti e non solamente ad un pubblico amico e compiacente.

Agli esiti del pronunciamento del TAR, dei ritardi nell’attuazione del piano di controllo del cinghiale, del tergiversare per l’attuazione dello stesso nelle zone non vocate per la specie attraverso la richiesta di un pretestuoso quanto illogico censimento e dei danni all’agricoltura che di conseguenza si sono verificati, crediamo che il mondo agricolo e non solo si ponga alcune semplici domande: chi pagherà i danni che le colture hanno subito a seguito della sospensiva inizialmente accordata dal TAR? E chi sosterrà le spese per il ricorso al Tar proposto dagli ATC e respinto dal Tribunale? La risposta ovviamente è scontata: La Collettività. Non sembra che qualcosa non torna?

A sostegno del settore agricolo e zootecnico, con evidente presa di distanze dall’operato degli AATTCC teramani, è l’iniziativa assunta dalla Copagri a sostegno della Regione Abruzzo e dalla Coldiretti che non vedendo adeguatamente tutelati i propri iscritti dalla piaga dei danni da cinghiali, hanno disposto il ritiro dei propri rappresentanti dagli AATTCC.

Per quanto sopra e dopo tanti tentativi “di zittirci”, non riusciti, quindi, anche Noi chiediamo con fermezza, che la Regione Abruzzo verifichi approfonditamente l’operato degli A.T.C. teramani e si adoperi affinchè la gestione di tali Enti con finalità pubbliche , sia svolta con l’intelligenza del buon padre di famiglia, in modo da evitare, per il futuro, che modalità non appropriate, facciano diventare parti della società civile estranea al “mondo venatorio” vittime dello stesso, conclude Ercole Gaetano.

Fonte: certastampa.it del 26 luglio 2017

Abruzzo: Federcaccia contro Federcaccia

SCOPPIA DISFIDA DELLA BECCACCIA, POLEMICHE PER INVITI FESTA CACCIATORE

CHIETI - Volano schioppettate, per fortuna solo verbali, nel mondo venatorio abruzzese. Francesco Petrella, delegato regionale della Federazione Italiana della Caccia sulla specie Scolopax Rusticola, volgarmente detta beccaccia, lancia infatti pesanti accuse contro la Federazione della Caccia provinciale di Chieti che organizza per il 29 e 30 luglio la Festa del cacciatore con ospite Paolo Pennacchini, presidente della Federazione associazioni nazionali Beccacciai del Paleartico Occidentale (Fanbpo).

Una presenza quella di Pennacchini, per nulla gradita a Petrella.

"Pennacchini - spiega infatti Petrella, - nel suo ruolo di presidente Fanbpo, ha sempre espresso posizioni contrarie all’indirizzo gestionale della Federazione della Caccia d’Abruzzo, non posso che essere, pertanto, meravigliato dell’iniziativa di invitarlo come ospite alla Festa della Caccia”.

Petrella ricorda poi che l’Ufficio avifauna migratoria della Federazione della Caccia d’Abruzzo ribadisce che l’unica collaborazione in atto con i club specialistici sulla beccaccia è quella con l’Associazione amici di Scolopax Onlus.

"In qualità di delegato regionale della Federazione Italiana della Caccia, stigmatizzo fortemente il comportamento della federazione provinciale di Chieti, della sua presidenza e dell’intero consiglio direttivo, in quanto l’iniziativa della federazione disattende e viola gli agli indirizzi gestionali della Federcaccia Abruzzo. Chiedo, sulla base di questa nota ufficiale inviata anche alle Federazioni Provinciali e ai federcacciatori, di ricevere immediate delucidazioni dalla Presidenza Regionale della Federcaccia Abruzzo e all’intero consiglio direttivo".

"Anche in qualità di vicepresidente nazionale dell’associazione Amici della Scolopax Onlus – conclude Petrella - sono in attesa chiarimenti da parte di Federcaccia, in virtù degli ottimi rapporti di collaborazione tra le due realtà. E’ tempo di fare chiarezza".

Fonte: abruzzoweb.it del 26 luglio 2017

mercoledì 26 luglio 2017

CALENDARIO VENATORIO/ I CACCIATORI TORNANO AD ATTACCARE PEPE: «REGIONE LATITANTE»


E’ manifesta la volontà politica di non risolvere i problemi della caccia. L’assenza dell’assessore regionale Dino Pepe al confronto sulle problematiche venatorie organizzato dagli ambiti territoriali di caccia Vomano e Salinello ne è stata la conferma. L’assessore, invitato con largo anticipo all’incontro, solo nel pomeriggio di ieri, dopo essere stato a pranzo a Cesacastina, ha preferito cenare a Martinsicuro con i suoi colleghi di corrente, per parlare, e assaggiare, di vongole. Non che le questioni dei pescatori siano meno importanti, ma sicuramente meno urgenti, in considerazione che si trattava di una conviviale piuttosto che di un dibattito costruttivo.
Gli Ambiti territoriali di Caccia ne prendono atto e ringraziano il capogruppo regionale di Forza Italia, Lorenzo Sospiri e quello del Pd, Sandro Mariani, che hanno partecipato all’incontro e hanno preso a cuore le problematiche del mondo venatorio. Non possiamo non sottolineare il totale disinteresse dimostrato dagli altri consiglieri regionali, eletti anche con i voti dei cacciatori teramani, sia di maggioranza sia di minoranza.
Alla data di oggi il calendario venatorio è ancora un discorso vuoto, con contenuti inappropriati, che necessita una forte accelerata e, soprattutto, l’integrazione con i suggerimenti avanzati agli uffici dell’assessorato in linea con quanto accade nel resto d’Italia.
. Anche il presidente dell’Atc Salinello, Francesco Sabini è molto critico. .
E proprio Lorenzo Sospiri, nel suo intervento, ha sconfessato le promesse che il presidente della Regione Luciano D’Alfonso aveva fatto nel corso del primo incontro realizzato a Castelnuovo Vomano. Il capogruppo di Forza Italia ha sottolineato che se D’Alfonso avesse voluto dar seguito a quanto raccontato al vasto pubblico .
Il capogruppo del Pd, Sandro Mariani, invece, condivide in pieno le rimostranze evidenziate da Franco Porrini contro l’assessore Pepe e ha assicurato che in consiglio regionale farà valere fino alla fine il suo ruolo politico .

Fonte: certastampa.it del 25 luglio 2017

lunedì 17 luglio 2017

Caos vertenza cinghiali Abruzzo: la Coldiretti esce dagli ATC teramani


CINGHIALI, COLDIRETTI ESCE DAGLI ATC TERAMANI, SI DIMETTONO I QUATTRO RAPPRESENTANTI
Hanno presentato formalmente le proprie dimissioni i 4 rappresentati di Coldiretti all’interno degli ATC Vomano e Salinello, in provincia di Teramo, come risposta al contenzioso che si è creato tra ATC e la Regione, scaturito nel fermo dell’abbattimento della fauna selvatica che sta peggiorando, nei fatti, una situazione già critica. “Con il ritiro dei nostri rappresentanti esprimiamo formalmente la nostra contrarietà ad una situazione di emergenza che va risolta una volta per tutte al di là degli inutili contenziosi che si stanno sviluppando per i motivi più disparati – dice Coldiretti Abruzzo – è un fatto che gli agricoltori, ma anche i semplici cittadini, sono in difficoltà e i cinghiali sono diventati un allarme sociale. Non è escluso che, nei prossimi giorni, ritireremo tutti gli altri rappresentanti dai diversi Ambiti territoriali di caccia per far capire in modo chiaro ed evidente che c’è bisogno di una sollecita ed immediata risposta al problema, a partire dalla ristrutturazione degli stessi Ambiti territoriali che, allo stato attuale, servono a poco. Coldiretti comunica inoltre di aver presentato nei giorni scorsi alla Regione anche un decalogo dettagliato con le azioni e le misure da mettere in campo per contrastare il fenomeno della fauna selvatica, una situazione emergenziale che necessita di una attenzione particolare. Nel dettaglio, la proposta di Coldiretti – che affronta la problematica dai diversi punti di vista – si articola in tre “mission” fondamentali: la salvaguardia dell’incolumità pubblica, la tutela del reddito delle imprese e la diminuzione della spesa pubblica in tema di costi sociali e di specifici indennizzi. “L’annosa problematica dei cinghiali va risolta una volta per tutte e deve trovare la parola fine – dice Giulio Federici Direttore di Coldiretti Abruzzo – abbiamo superato tutti i limiti e la situazione, in considerazione della stagione e del proliferare degli esemplari a caccia di cibo, potrebbe ancora peggiorare. Bisogna fare presto e Coldiretti, in proposito, non esclude ulteriori manifestazioni o azioni di tutela del reddito degli agricoltori”.

Fonte: certastampa.it del 16 luglio 2017

venerdì 14 luglio 2017

Abruzzo: l’esercito per fronteggiare i cinghiali. Ancora Paralipomeni alla Batracomiomachia?

di Giacomo Nicolucci

Il governatore della Regione Abruzzo, nel corso di un magniloquente evento pubblico su tematiche diverse e più generali – cui ha partecipato lo scrivente –, ha annunciato il ricorso all’impiego dell’esercito per risolvere la cosiddetta “emergenza cinghiali”. Diciamola tutta: che un presidente di Regione, sospinto dall’impeto istituzionale e mediatico di un problema di non marginale rilevanza – e ovviamente non conoscendo i termini ecologico-ambientali e giuridici del problema – dichiari di voler dispiegare la forza totale dell’esercito per porvi rimedio ci sta pure. È icastico, mediatico, demagogico.

Ma non ci sta la sintesi, e quindi la confessoria dichiarazione della totale incapacità e incompetenza dei suoi diversi uffici regionali e delle articolazioni periferiche dello Stato ad affrontare, sul territorio regionale, quantomeno con i rimedi da breve termine, la questione.

Eppure basterebbe poco. Magari e soprattutto “copiando” presso gli altri paesi che sanno fare gestione faunistica ed agro-forestale da qualche centinaio d’anni… in ogni caso, occorre innanzitutto prendere atto della generale, complessa e radicale trasformazione del paesaggio rurale, con l’estesa espansione di aree a copertura arborea o comunque di incolti e macchie, prediletti dalla specie; ciò, a ridosso dei centri urbani, delle aree coltivate e delle arterie viarie, determina sillogisticamente le diverse situazioni di difficile compatibilità.

Dunque occorre considerare che la gestione venatoria non è l’unica strada percorribile e forse nemmeno la prima, ma senz’altro quella adesso sotto i riflettori.

Ma si deve anche ammettere, una volta per tutte, che buona parte dei guasti sino ad oggi manifestatisi appartengono all’insipiente, incapace e corrotta gestione venatoria (attuata, sino ad oggi, per interessi assolutamente non compatibili né con le esigenze della conservazione della fauna selvatica e né con le economie agro-forestali).

Quindi si devono riscrivere le regole giuridiche “tutte” (dalla l. 157/1992 all’ultimo dei regolamenti o piani regionali) unicamente in funzione della dimensione sostenibile e quali-quantitativa del prelievo venatorio del cinghiale (e non solo), calata su aree omogenee a differente finalità gestionale.

E, per conseguenza, si devono demolire tutte le istituzioni e i luoghi di potere delle note lobby che impediscono l’attuazione di siffatto sistema di gestione, fra cui spiccano in primis gli Atc che, lottizzati da consorterie, fratellanze, connivenze e quant’altro, impegnati nei cospicui ed economicamente rimarchevoli lanci di selvaggina, difficilmente avranno l’indipendenza e la competenza già solo per attuare gli obblighi gestionali previsti dalla (pur pessima) legge quadro sulla caccia ma mai attuati.

Si deve, infine, anche riconoscere che la fauna selvatica, per il progressivo abbandono delle attività agro-silvo-pastorali tradizionali (a volte, in passato, anche eccessive quanto a sfruttamento del territorio: si pensi solo agli immani disboscamenti degli Appennini risalenti a secoli orsono) è ormai regolarmente alle porte della città e frequentemente anche dentro, come non si era mai visto in precedenza. Ciò impone di ri-tarare la logica di approccio alla stessa e quindi di modificare le risposte, ma non soltanto in senso difensivo e repressivo.

Si ode solo parlare di abbattimenti e piani di controllo, ma giammai, come si usa in altri paesi evidentemente più esperti e civili, di tutela della sicurezza della circolazione stradale mediante recinzioni e sovrappassi/sottopassi, nemmeno di interventi sul paesaggio rurale.

La soluzione finale sarà, invece, quella di rimettere la questione al Consiglio Supremo di Difesa?

Fonte: greenreport.it del 14 luglio 2017