martedì 23 ottobre 2018

Balsorano (Aq). Cacciatore di 22 anni trovato morto con un colpo di fucile al petto

Giovane cacciatore è stato rinvenuto privo di vita nei pressi del Santuario Sant’Angelo in territorio di Balsorano (L'Aquila). N. C., 22enne di Balsorano, era nei boschi delle montagne del centro rovetano. Sul corpo un colpo di fucile da caccia e per questo la Procura della Repubblica, Pm Maurizio Cerrato, ha disposto gli accertamenti per stabile le cause della morte. La salma è stata trasferita all’obitorio di Avezzano e questa mattina un medico legale della Asl dovrebbe eseguire la ricognizione cadaverica e la prova stub. C’è il sospetto da parte degli inquirenti che il giovane si sia tolta la vita sparandosi un colpo di fucile.

Sul posto i carabinieri forestali non hanno rinvenuto nessuna lettera appartenente alla vittima. Da una prima ricostruzione sembra che il giovane sia uscito domenica con il suo fucile per la caccia di cui era appassionato. Non vedendolo rientrare nella notte, ieri mattina, i genitori hanno presentato una denuncia. Assieme agli altri cacciatori della zona si sono messi alla ricerca del giovane e, dopo lunghe ore, lo hanno trovato ormai esanime. Il corpo è stato trovato in via della Cisterna nella zona nord del paese. Non si esclude neppure che il decesso sia avvenuto a seguito di un episodio accidentale.

Fonte: ilmessaggero.it del 23 ottobre 2018

Cervo ucciso a Capistrello (Aq): sequestrati licenze, armi e munizioni a sette cacciatori

Capistrello – E’ stato deferito all’Autorità Giudiziaria per caccia illecita il cacciatore responsabile dell’uccisione di un esemplare di cervo a Capistrello. Per le altre sette persone è scattato il divieto di detenzione delle armi e munizioni poiché i soggetti sapevano della caccia illegale e non hanno denunciato il reato all’Autorità preposta al controllo. I Carabinieri Forestale di Canistro hanno acquisito 39 (trentanove) fucili, 4 (quattro) pistole, 264 (duecentosessantaquattro) munizioni a palla unica e hanno ritirato 7 (sette) libretti personali per licenza di porto di fucile a Q.O. di anni 43, F.O. di anni 51, S.D.P. di anni 20, E.C. di anni 22, M.S. di anni 30, D.S. di anni 53 e N.S. di anni 61, perché il loro comportamento è stato ritenuto non appropriato a garantire il non abuso delle armi, ai sensi dell’art.39 del Testo Unico Leggi Pubblica Sicurezza.

Nei giorni scorsi, i Carabinieri Forestale di Canistro (AQ), congiuntamente a Carabinieri Forestale di Balsorano, Calano e Tagliacozzo, hanno effettuato controlli sull’attività venatoria e hanno identificato diverse persone che si trovavano nella zona antistante un manufatto adibito a “casa di caccia”, nel Comune di Capistrello (AQ), nei pressi del quale erano visibili numerose tracce di sangue e al cui interno vi era un animale scuoiato di grossa taglia, che si è scoperto essere un cervo di circa quattro anni ucciso durante una battuta di caccia.

Fonte: marsicanews.com del 22 ottobre 2018

giovedì 18 ottobre 2018

Civitaluparella. Ferito da un cinghiale durante battuta di caccia

Ferito da un cinghiale durante una battuta di caccia. E' successo oggi, intorno alle 13, a Civitaluparella (Ch), in località San Leo. Un ex cuoco era a caccia con altre doppiette. Che, ad un certo momento, hanno preso di mira uno degli ungulati che si aggiravano nella zona boscosa. L'animale, sentendosi braccato, ha cercato di dileguarsi. E, all'improvviso, si è trovato davanti l'uomo: questi non è riuscito a far fuoco e a centrarlo in tempo e il cinghiale gli è piombato addosso, ferendolo gravemente, soprattutto alle gambe e ai glutei. Lui ha cercato di liberarsi facendo fuoco. Alla fine l'animale è stato ucciso, mentre il cuoco, che perdeva sangue, è stato soccorso. Sul posto, luogo impervio e inaccessibile a mezzi, è arrivata l'eliambulanza che lo ha trasportato all'ospedale di Chieti, dove è stato operato. Indagano i carabinieri di Quadri.

Fonte: abruzzolive.tv del 17 ottobre 2018

Il WWF: il TAR ribadisce che la tutela della fauna protetta viene prima degli interessi dei cacciatori

Comunicato stampa del 16 ottobre 2018

I giudici respingono quasi tutte le richieste di Federcaccia sul Calendario Venatorio ma la Regione Abruzzo reinserisce comunque cinque specie tra quelle cacciabili!

Il WWF: il TAR ribadisce che la tutela della fauna protetta viene prima degli interessi dei cacciatori


Con ordinanza n. 222/2018 pubblicata l’11 ottobre scorso, i giudici del TAR Abruzzo sono intervenuti nuovamente sul calendario venatorio di quest’anno, stavolta a seguito di un ricorso di Federcaccia.

Il WWF si è costituito in opposizione a tale ricorso insieme alla Regione Abruzzo e all’Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale (ISPRA).

I giudici hanno respinto le richieste cautelari di Federcaccia finalizzate ad aumentare i periodi di caccia per le specie quaglia, alzavola, fischione, folaga, gallinella d’acqua, germano reale, marzaiola, beccaccino e pavoncella, beccaccia, cesena, tordo bottaccio e tordo sassello. Federcaccia ha rinunciato invece alla domanda relativa al reinserimento nel calendario venatorio delle seguenti specie: canapiglia, codone, mestolone, moriglione e frullino perché nel frattempo la Regione Abruzzo aveva provveduto in tal senso autonomamente, senza aspettare il pronunciamento del TAR

Dichiara Luciano Di Tizio, Delegato regionale del WWF Abruzzo: "Ancora una volta i giudici hanno bocciato le richieste di una parte del mondo venatorio. Il TAR ha ribadito che l'interesse alla tutela della vita della fauna protetta è superiore rispetto all'interesse dei cacciatori di esercitare il diritto di caccia per il solo fatto di aver corrisposto i relativi tributi. La Federcaccia in pratica ha ottenuto parziale soddisfazione per una sola delle richieste che aveva presentato ai giudici, mentre sono state respinte tutte le altre richieste che estendevano modi e tempi di caccia a danno della fauna e dell’ambiente".

Conclude Dante Caserta, vice-Presidente del WWF Italia: "Rimane il rammarico sul fatto che la Regione Abruzzo abbia reinserito tra le specie cacciabili la canapiglia, codone, mestolone, moriglione e frullino. Invece di difendersi convintamente davanti al TAR, la Regione ha accolto preventivamente le richieste dei cacciatori. Grazie anche alla nostra opposizione, è stato almeno impedito l’inserimento nel calendario venatorio delle specie moretta e combattente. Lavoreremo già da oggi affinché vengano nuovamente escluse dalla caccia tutte le specie oggetto del ricorso, in quanto molte di esse sono considerate specie in declino e presenti nella nostra Regione con poche decine di individui".


WWF Italia Onlus, Abruzzo
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Il sindaco di Penne vieta la caccia tra la città e l’Oasi per tutelare chi frequenterà il nuovo sentiero

Comunicato stampa del 17 ottobre 2018

Il sindaco di Penne vieta la caccia tra la città e l’Oasi per tutelare chi frequenterà il nuovo sentiero

Il WWF: «I fucili sono del tutto incompatibili con la fruizione della natura»

Si parla tanto dei danni da fauna selvatica, ma sono assai più gravi quelli provocati dai cacciatori. Nel solo periodo delle pre-aperture il bilancio, tra morti e feriti, è quello di una guerra. La caccia al cinghiale aumenta i problemi anziché risolverli. Spari a Lanciano a pochi metri dal canile


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Con ordinanza n. 144/2018 il sindaco di Penne Mario Semproni ha disposto il divieto di caccia sino al 31 dicembre lungo il sentiero “Serafino Razzi”, che da Fonte Nuova arriva sino alle Pinetina, collegando di fatto il centro urbano con la Riserva naturale regionale e Oasi WWF “Lago di Penne”. Lungo il sentiero sono attualmente in corso lavori di ripristino e manutenzione della linea fognaria mentre da lunedì 22 prossimo il percorso entrerà a far parte della nuova rete sentieristica della Riserva.

Il provvedimento del sindaco è volto a scongiurare incidenti, oggi a tutela degli operai dell’ACA e da lunedì in avanti per salvaguardare i numerosi cittadini, a cominciare dai giovani e in particolare dagli studenti, che percorreranno quel sentiero.

«Quella del sindaco Semproni è una scelta saggia e lungimirante – commenta il vicepresidente del WWF Italia Dante Caserta – che contrasta con la assurda politica filo-venatoria di molti assessorati regionali alla caccia, compreso quello abruzzese, che troppo spesso continuano a far prevalere gli interessi della piccola minoranza dei cacciatori a quelli della stragrande maggioranza dei cittadini che vorrebbero potersi godere tutto l’anno le passeggiate in natura senza rischiare di finire impallinati».

Una preoccupazione, quella dei rischi legati all’attività venatoria, tutt’altro che infondata. Nel solo mese di settembre, per le cosiddette “preaperture”, ci sono stati in Italia 4 morti e 13 feriti causati da armi da caccia, tra i quali 2 morti e 5 feriti non cacciatori. Numeri impressionanti ma perfettamente in linea con l’andamento generale di una pratica (ci rifiutiamo di definirla uno “sport”) dannosa per l’ambiente, per gli animali e per l’uomo. Nella stagione venatoria 2017-2018 (circa 5 mesi) i morti furono ad esempio 30 (20 cacciatori e 10 “civili”) e i feriti 84 (60 tra i cacciatori). Non a caso la meritoria Associazione vittime della caccia, che da anni porta il conto, intitola i suoi report periodici “Bollettino della guerra”.

Secondo il WWF il fatto che ci siano tante persone coinvolte anche tra i non cacciatori è la dimostrazione evidente del fatto che la presenza nel territorio per cinque mesi l’anno di un vero e proprio “esercito armato” non è più compatibile con il pacifico godimento della natura da parte di famiglie, escursionisti, birdwatchers. I fatti di cronaca lo dimostrano ampiamente, a cominciare dal caso del 19enne colpito all’addome in Liguria da un proiettile da cinghiale. Una vicenda terribile, ma non certo l’unica: a Cesena un ragazzino di 8 anni è stato raggiunto da pallini alla schiena mentre era nel cortile di casa; a Rimini un uomo è stato ferito al volto mentre percorreva una pista ciclabile lungo un fiume; a Faenza sono stati colpiti 3 raccoglitori di kiwi; a Sesto Fiorentino i pallini sono giunti sul tavolo di un ristorante mentre una famigliola era a tavola… In Abruzzo sinora ci è andata bene, ma è soltanto una questione di fortuna.

Il WWF Italia ha recentemente scritto ai ministri competenti sottolineando la gravità del problema e la necessità di intervenire con una serie di misure. Gli incidenti di caccia non sono frutto di fatalità e soprattutto non sono inevitabili: spesso sono causati da una aperta violazione della Legge quadro nazionale (Legge n.157/1992) e di quelle regionali di settore. Ad esempio il mancato rispetto delle distanze minime da strade e centri abitati: è di qualche giorno fa l’episodio di spari a poche decine di metri dal canile di Lanciano (CH) dov’erano presenti volontari e visitatori, compresi bambini! Non solo: c’è una diffusa tendenza a premere il grilleto senza inquadrare il “bersaglio”; la cattiva abitudine di accompagnare le battute di caccia, soprattutto quella al cinghiale, con colazioni spesso comprensive di vino e altri alcolici. A tutti questi fattori negativi si aggiunge l’elevata età media dei possessori di licenza di caccia. È inoltre gravissimo il fatto che alla licenza si accompagni la possibilità di detenere un numero illimitato di fucili, 3 armi comuni da sparo (quindi anche pistole) e 6 armi per uso sportivo, più 1.000 (MILLE!) cartucce: un vero e proprio arsenale! Tra l’altro il WWF fa notare che spesso con fucili da caccia regolarmente registrati sono stati commessi omicidi, anche familiari. Questo aspetto, unito al problema dell’uso di alcol, fa sorgere legittimi dubbi sull’accuratezza delle verifiche psicologiche cui vengono sottoposti i cacciatori, prima di consegnare loro armi estremamente pericolose. Alla luce di queste osservazioni, il WWF Italia ha proposto alcune misure preventive da mettere in atto il prima possibile per evitare che il numero di vittime innocenti continui ad aumentare. Tra queste: incrementare l’attività di vigilanza, anche facilitando la nomina e l’azione di nuove guardie volontarie venatorie; rendere molto più severi gli esami per la licenza di caccia; limitare l’uso di armi a canna rigata, in grado di sparare a ben 4 km di distanza; effettuare maggiori controlli sulle licenze, vietando nel contempo l’assunzione e la detenzione di sostanze alcoliche. Ma soprattutto il WWF chiede il divieto assoluto di caccia nei giorni festivi e in particolare nelle aree altamente frequentate da sportivi ed escursionisti. Non è tollerabile che chi vuole fare una passeggiata in natura debba avere a che fare con persone armate che seminano piombo per le campagne. Oggi l’ambiente è molto più frequentato rispetto a 30 anni fa e il suo utilizzo ricreativo è incompatibile con l’azione venatoria. Questo vale anche e soprattutto in Abruzzo nel cui brand turistico la natura e il suo godimento sono in primissimo piano. Cicloturismo, escursioni, gite… nelle aree protette e in tutto il resto del territorio non possono diventare attività a rischio solo perché per 5 mesi l’anno una piccola minoranza di cacciatori vuole divertirsi sparando e uccidendo animali inermi.

“La caccia - conclude il delegato Abruzzo del WWF Luciano Di Tizio - non ha giustificazione alcuna se non la gratificazione di chi la pratica. Persino il tanto decantato contrasto dei cacciatori e dei cosiddetti selettori alla proliferazione dei cinghiali è un concetto fuorviante: ci sono studi scientifici che dimostrano come affrontare il problema (creato dagli stessi cacciatori con i ripopolamenti) con i fucili sia deleterio: sparando si determina un aumento della fertilità e la destrutturazione dei branchi con il risultato, opposto alle attese, di far aumentare sia il numero dei cinghiali che i danni alle coltivazioni e al traffico. Eppure si va avanti con colpevole tenacia e con il beneplacito di una classe politica che anziché studiare i problemi e cercare davvero di risolverli punta solo su azioni di facciata, alla ricerca di facili consensi elettorali”.


WWF Italia Onlus, Abruzzo
abruzzo@wwf.it

giovedì 11 ottobre 2018

Tra poche ore si decide sul ricorso Federcaccia per allungare il periodo di caccia

La protezione è la regola, la caccia l’eccezione, scrive il Wwf e con l’atto d’intervento ad opponendum degli avvocati Michele Pezone ed Herbert Simone la battaglia, a mani nude, delle associazioni ambientaliste va avanti dinanzi al Tribunale amministrativo regionale dell’Aquila che tra poche ore procederà a decidere sulla domanda cautelare presentata da Federazione italiana della caccia e Federcaccia Abruzzo contro il calendario venatorio 2018/2019 e ne chiedono, in sostanza, una estensione in termini temporali e nel numero delle specie cacciabili. Un ricorso dal quale, per inciso, altre associazioni venatorie si sono dissociate. 
Il Wwf ha presentato in proposito un atto di intervento ad opponendum e domani sarà presente in aula con gli avvocati Michele Pezone ed Herbert Simone. Nel proprio documento l’associazione ambientalista risponde punto per punto alle argomentazioni portate avanti nel ricorso, che viene giudicato inammissibile e infondato, e ribatte, con la frequente citazione di altre sentenze in merito, pronunciate anche dallo stesso Tar dell’Aquila, a ciascuna delle motivazioni espresse dalle due associazioni ricorrenti. La richiesta di sospensione delle parti del calendario che porrebbero limiti all’attività venatoria appare fondata essenzialmente sulla lesione delle aspettative ad esercitare pienamente “il diritto di caccia” da parte dei cacciatori. Ferma restando l’infondatezza di tali richieste, non v’è dubbio che nel bilanciamento degli interessi contrapposti è preminente la tutela di quelli ambientali e della vita della fauna protetta. Lo dice chiaramente la legge 157/92 all’art. 1 comma 2: “L’esercizio dell’attività venatoria è consentito purché non contrasti con l’esigenza di conservazione della fauna selvatica e non arrechi danno alle produzioni agricole”.
«Colpisce il fatto che si vogliano aumentare i giorni di caccia e le specie cacciabili anche a fronte degli ultimi drammatici incidenti che hanno evidenziato l’incompatibilità tra gli spari e la fruizione turistico-ricreativa del territorio e quando si comincia anzi giustamente a pensare di vietare l’esercizio venatorio nei giorni festivi» commenta Pezone e aggiunge Simone, già vice presidente Wwf Abruzzo: «La 157/92, chiamata  riduttivamente legge sulla caccia, regola sì anche l’esercizio venatorio, ma le sue finalità non si esauriscono con questa funzione. In sostanza, la protezione è la regola, la caccia l’eccezione».

venerdì 5 ottobre 2018

Legambiente Abruzzo: “Basta favori alle lobby dei cacciatori e dei politici che non sanno di cosa parlano”

In una nota diffusa a mezzo stampa, l’associazione ambientalista spiega in maniera dettagliata le ragioni di un auspicabile cambio di gestione della caccia al cinghiale.

“Troviamo assurde le polemiche di questi giorni in merito al Protocollo sottoscritto tra le Aree protette e la Regione Abruzzo, per il contenimento e la gestione delle popolazioni in sovrannumero dei cinghiali dentro e fuori le aree protette. Anziché apprezzare lo sforzo compiuto da quasi tutto il sistema delle aree protette della regione e la serietà e la responsabilità con cui anche noi ci siamo fatti carico di contribuire alla risoluzione del problema e garantire la sicurezza dei cittadini, c’è chi ancora utilizza in chiave elettorale il mondo venatorio e le sue richieste fuori luogo e oramai fuori dal tempo.

Nel Protocollo sono chiari i punti di azione e di tutela, messi in atto attraverso il coinvolgimento dell’ISPRA e l’azione diretta delle aree protette per contenere un fenomeno che innanzitutto danneggia la biodiversità, oltre agli agricoltori e ai cittadini tutti. In questo documento non si fa altro che ribadire il richiamo e il rispetto delle leggi in vigore e l’adozione di pratiche di controllo della popolazione del cinghiale, attraverso le catture e gli abbattimenti selettivi, previsti dalla legge in materia di aree protette.

Se proprio è necessario polemizzare, chiediamo noi a tutta la classe politica, attuale e passata, quali azioni hanno messo in campo per fermare la deriva venatoria, utilizzata come unica modalità di gestire la fauna in Abruzzo, le risorse spese senza ottenere risultati e il perché ci ritroviamo sempre gli stessi funzionari pubblici a occuparsi di caccia, nonostante i palesi fallimenti.

Ci aspettiamo che non solo le associazioni agricole, ma soprattutto quelle venatorie, dimostrino apprezzamento per quanto le aree protette hanno intenzione di fare per un problema che non hanno creato queste ultime.

Un mondo venatorio che deve necessariamente interrogarsi sul fallimento del modello di gestione della caccia, di cui sono gli unici responsabili e che in Abruzzo, in particolare, non ha saputo dare nessuna risposta concreta, ma ha invece contribuito a produrre e aggravare il disastro attuale.

Infine, troviamo imbarazzo ogni volta che dobbiamo commentare le prese di posizioni dell’assessore Pepe, che a differenza dei sui colleghi, Beradinetti e Lolli, rappresenta la parte più arretrata della maggioranza di governo regionale. Interrogarsi sul silenzio venatorio anche la domenica, non può essere inteso come una mera scelta tra ambientalisti contro i cacciatori, ma deve essere inquadrata nella riflessione politica in atto, che vede la regione Abruzzo capofila di una nuova strategia per il turismo attivo e sostenibile, una scelta strategica al di sopra delle parti, che fa della regione dei Parchi anche quella dell’ecoturismo e del vivere gli spazi naturali in libertà. E’ chiaro che questo trend di presenze turistiche si concentra maggiormente nei week-end e quindi bisogna ragionare tutti insieme su come far collimare la crescita positiva di queste presenze e l’attività venatoria in sicurezza. Perciò, consigliamo all’assessore Pepe, prima di abbandonarsi alle banalità filo cacciatori, di consultarsi con i suoi colleghi di giunta, Lolli e Berardinetti, di cui apprezziamo l’impegno e l’operato”.
 

giovedì 4 ottobre 2018

Cinghiali Abruzzo: firmato protocollo Regione-Parchi per Piano di contenimento

L'AQUILA - Firmato il protocollo d’Intesa per la gestione e il contenimento del cinghiale nelle aree protette nazionali e regionali e sui territori ad esse contigui.

Esprime soddisfazione l’assessore regionale ai Parchi e Riserve, Lorenzo Berardinetti, per la sottoscrizione del protocollo "frutto di un vero e proprio lavoro di squadra, portato avanti con metodo e costanza, che ha beneficiato del contributo in termini di contenuti apportato da tutti i soggetti referenti dei parchi e delle riserve e delle associazioni ambientaliste nel corso delle numerose riunioni del tavolo tecnico regionale permanente per la protezione delle colture e degli allevamenti dalla fauna selvatica".

Un ottimo risultato che permetterà di gestire un fenomeno che continua a preoccupare l'intero Abruzzo.

"Il protocollo è stato firmato da Antonio Carrara in rappresentanza del parco nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise", ha continuato Berardinetti, "Claudio D’Emilio per il parco nazionale della Majella, Igino Chiuchiarelli per il Parco regionale Sirente-Velino, Giuseppe Di Marco componente del direttorio delle riserve regionali e rappresentante di Legambiente e Antonio Innaurato presidente della commissione Agricoltura che insieme a me ha rappresentato la Regione".

Il protocollo resta aperto alla sottoscrizione di tutti coloro che hanno condiviso l’iter di definizione dell’intesa, nello specifico i rappresentanti di: Parco nazionale Gran Sasso e Monti della Laga, Wwf, lega Coop e Ambiente e Vita.

"Per la prima volta le aree protette attueranno azioni concrete di gestione e di contenimento del cinghiale in rete", ha precisato ancora l'assessore ai Parchi e alle Riserve, "acconsentendo in maniera condivisa alle operazioni di prelievo per il contenimento della specie sulla base di un piano di gestione regionale integrato. Il protocollo, con l’obiettivo di riequilibrare e contenere la popolazione di cinghiale, definisce attività e interventi operativi, integrati e coordinati tra le aree Protette e la Regione. Il risultato della sottoscrizione del protocollo porterà alla riduzione dei danni da cinghiale all'agricoltura, al ripristino della sicurezza stradale e della sicurezza nei centri abitati e all'attivazione di una filiera delle carni del cinghiale abruzzese che renda fattibile, e anche economicamente sostenibile, la valorizzazione di un prodotto controllato per lo sviluppo di economie locali. Viene inoltre previsto, a cura della Regione Abruzzo, l’emanazione di un bando per la predisposizione del piano di gestione integrato. Questo strumento è un ulteriore segnale di attenzione che la Regione da agli agricoltori ed alle popolazioni residenti che subiscono, con apprensione, l’elevata presenza del cinghiale. Voglio ringraziare i rappresentanti delle aree protette e delle associazioni ambientaliste che oggi hanno firmato l’intesa dimostrando lungimiranza nella ricercare di soluzioni condivise e non scontate".

Fonte: abruzzoweb.it del 29 settembre 2018