lunedì 9 giugno 2014

Agricoltura. I danni dei cinghiali, i rimborsi e la discriminazione: ennesima denuncia del Cospa Abruzzo

OFENA. «Nel mio campo di 4 ettari, dove l’anno scorso il raccolto fu danneggiato per oltre il 60%, che nessuno ha ripagato, oggi i cinghiali sono tornati più numerosi di prima, ma ad aspettarli ci siamo noi armati di fucili, cani e altri mezzi a disposizione per respingere o abbattere i cinghiali affamati più che mai».

Dino Rossi, responsabile dell’associazione degli allevatori, Cospa Abruzzo, si dà al fai da te per difendersi dai danni procurati dalle razzie dei cinghiali. L’alternativa è avere un raccolto distrutto, dunque niente guadagno… 
La storia però è la solita brutta storia di ordinaria burocrazia all’italiana che cera discriminazioni grazie ad ingenti flussi di denari.
«Come è possibile che solo nella provincia dell’Aquila l’istituzione non applica la Legge», si domanda Rossi, «per la tutela delle aziende agricole e costringe a loro volta gli agricoltori al fai da te? Le aziende agricole non possono permettersi il lusso di sfamare gli animali del Parco, sono già al collasso per i costi di gestione, sono costrette con i denti a difendere il raccolto di un anno utile al fabbisogno aziendale? Tra poco saranno pronti i campi di mais e si spera che chi di competenza si adoperi altrimenti saremmo costretti ad attivare sul territorio manifestazioni imponenti mai viste fino ad oggi».
È passato un anno e nulla si è mosso, anzi la situazione dei danni da fauna selvatica sono tripilicati. 
I cinghiali sono tornati all’attacco nei campi coltivati nella valle alta del Tirino e più precisamente alle pendici del monte di Pesatro sul comune di Ofena limitrofe ai confini del Parco Gran Sasso Monti della Laga. Il fenomeno riguarda tutte le aree limitrofe ai parchi dell’Abruzzo.
Dall’ultima riunione tenutasi nella sede comunale di Ofena, dove hanno partecipato la Regione, la Provincia dell’Aquila e l’ente Parco per i danni da fauna selvatica, a distanza di un anno, il problema cinghiale non è stato risolto, anzi è peggiorato. 

Le famiglie dei cinghiali sono aumentate, il danno al di fuori dell’area parco si è triplicato, dovuto ai finanziamenti dati gli agricoltori ricadenti nell’area protetta, per la costruzione di recinti impattanti e pericolosi, ma utili a tenere a bada i cinghiali dai terreni coltivati dentro l’area protetta. 
«In quell’occasione», ricorda Rossi, «Il parco si è opposto all’abbattimento selettivo, come previsto dalla Legge sul controllo della fauna selvatica, optando per il posizionamento di trappole, ritenute illegali, che fino ad oggi hanno catturato solo le mosche». 
«È strano che vengono finanziati i recinti antintrusione e nello stesso tempo si da l’opportunità agli stessi che ricadono nelle aree parco di catturare cinghiali», fa notare il Cospa, «ingrassati dai colleghi contadini che si trovano fuori il perimetro del parco! Sono sempre gli stessi contadini che percepiscono ingenti somme di danaro per i campi coltivati ad hoc, solo ed esclusivamente per percepire il succulento rimborso assegnato dall’ente Parco. Solo nel comune di Castel del Monte la somma di risarcimento ammonta ad oltre 44.000,00 €, mentre i contadini fuori parco attendono il risarcimento da parte della Provincia, per la fauna selvatica che l’ente parco spinge fuori dell’area protetta, dovuto alla scarsa quantità di cibo, perché la maggior parte dei terreni in quota sono recintati. I campi fuori area parco», conclude, «vengono devastati ogni notte, (le trappole illegali) messe dall’ente parco non hanno catturato una bestia. I campi di orzo sono già stati decimati, i contadini sono costretti ad infrangere la Legge che altri non applicano».

Nessun commento: