martedì 18 maggio 2010

“Animali nocivi”: i soliti noti sono innocenti

Il più ampio studio mai compiuto sull'impatto dei predatori sulla consistenza delle popolazioni di uccelli canori, pubblicato sul Journal of Applied Ecology, mostra che non esiste alcuna evidenza scientifica che metta in correlazione l'aumento di alcuni predatori (corvidi, scoiattoli) col declino significativo delle popolazioni di uccelli canori. Lo stesso risultato relativo all’andamento della popolazione di corvi in Scozia. Cade uno dei luoghi comuni tanto caro ai cacciatori.

Lo studio condotto dal Britih Trust for Ornithology (BTO) si è concentrato su specie come il Ciuffolotto (Pyrrhula pyrrhula) e lo Zigolo giallo (Emberiza citrinella) combinando le osservazioni in oltre 200 siti per il periodo 1967-2000 con quelle di oltre 2.000 volontari che hanno monitorato i siti nel periodo 1995-2005.

Benché sia ampiamente riconosciuto che, in alcune situazioni, una presenza significativa di predatori che si nutrono alle spese di uova, nidiacei e adulti abbia un effetto sull'abbondanza della specie vittima, non esisteva ad oggi alcun dato scientifico significativo che tale effetto negativo fosse diffuso.

In questo studio, i ricercatori hanno comparato l'evoluzione del numero di prede e predatori su un arvo temporale di 40 anni per verificare l'esistenza di dinamiche correlate. Si tratta dello studio più sofisticato, sul più lungo periodo e la scala più ampia mai intrapreso su questo specifico tema. Le specie predatrici analizzate sono Poiana (Buteo buteo), Sparviere (Accipiter nisus) e Gheppio (Falco tinnunculus) che predano giovani e adulti. Picchio rosso maggiore (Dendrocopos major), Gazza (Pica pica), Ghiandaia (Garrulus glandarius), Cornacchia (Corvus corone) e Scoiattolo grigio (Sciurus carolinensis) sono i predatori di nidi presi in considerazione. Per lo scoiattolo sono disponibili dati solo per il periodo 1995-200.

Per 22 delle 29 specie prede potenziali prese in considerazione si è rilevato che non esiste alcuna correlazione statistica significativa tra l'aumento della popolazione di predatori e la diminuzione della popolazione di prede. Solo l'aumento di tre specie di predatori (sparviere, gheppio e scoiattolo grigio ) ha mostrato una qualche forma di correlazione con la diminuzione di alcune popolazioni di prede.

Tra le relazioni significative tra aumento dei predatori e diminuzione delle specie, quella che sembra evidenziare il legame più forte è quella l'aumento degli sparvieri nel periodo 1967- 2000 e il corrispondente declino di Ciuffolotti, Passera mattugia (Passer montanus) and Migliarino di palude (Emberiza schoeniclus).

Una relazione che è stata confermata è quella positiva tra la consistenza delle popolazioni di prede e quelle di predatori: quando le prime aumentano, le secondo seguono. Questo è particolarmente vero nel caso dei predatori di nidi autoctoni (Picchio rosso maggiore, gazza, ghiandaia, cornacchia). Questo studio, condotta per tutta la Gran Bretagna, scagiona questi predatori dal sospetto di essere i principali responsabili del declino di alcune specie, ma evidentemente non esclude possibili effetti negativi significativi a livello locale.

Altri studi hanno evidenziato che nello stesso periodo di tempo la consistenza delle popolazioni di uccelli canori è stata significativamente influenzata da altri fattori, quali le modifiche alle modalità di conduzione delle terre agricole e delle foreste.

La ricerca, di Stuart Newson (BTO), Eric Rexstad (University of St Andrews), Stephen Baillie (BTO), Stephen Buckland (University of St Andrews) e Nicholas Aebischer (Game and Wildlife Conservation Trust) è stata pubblicata col titolo "Population changes of avian predators and grey squirrels in England: is there evidence for an impact on avian prey populations?" sul British Ecological Society's Journal of Applied Ecology.

Una ricerca più specifica condotta in Scozia sui Corvi (Corvus frugilegus) è giunta a conclusioni simili. Non possono essere loro gli imputati del calo della popolazione di alcuni limicoli (Pavoncella, Piovanello pancianera, Piviere dorato, Beccaccino e Chiurlo) i cui numeri sono drammaticamente calati – in certi casi anche del 50% - negli ultimi venticinque anni, proprio mentre si assisteva a un recupero in grande stile dei corvi.

Questo studio è stato pubblicato nel febbraio 2010 dalla Royal Society for the Protection of Birds (RSPB) e dal Centre for Environmental Sustainability (ACES) della University of Aberdeen. Un po' di evidenza scientifica a fronte di cedenze, miti e leggende che da sempre circondano i corvidi, giustificati dalla loro straordinaria intelligenza nel mondo dei pennuti.

Aumento dei corvi, il fatto che siano dei predatori di nidi, la loro pessima reputazione e il calo di alcune popolazioni di limicoli ha portato molti a trarne l'immediata conclusione che il calo di questi ultimi non poteva che essere causato dalle prime e che quindi fossero necessari interventi speciali per “sfoltirne” la popolazione. Secondo uno schema tanto noto quanto fasullo, i cacciatori si sono immediatamente candidati a “ribilanciare” gli ecosistemi controllando le popolazioni “in eccesso”. Una storia che abbiamo spesso sentito anche in Italia ma di cui non siamo mai riusciti ad apprezzarne i risultati.

Questa ricerca, pubblicata anch'essa sul British Ecological Society's Journal of Applied Ecology, fornisce una base scientifica robusta sulla base della quale eventuali provvedimenti di questo tipo potrebbero o dovrebbero essere assunti se realmente necessari. Lo studio si basa su dati provenienti da una zona di oltre 1.700 kmq di altipiani nei quali è stato studiato il rapporto tra l'andamento delle popolazioni di corvo e di limicoli negli ultimi 20 anni.

La storica persecuzione perpetrata da cacciatori, proprietari terrieri e contadini contro i corvi aveva portato il loro numero a ridursi vistosamente nel corso del XX secolo, con un sostanziale restringimento del loro areale di distribuzione. Cambiamenti economici e culturali hanno consentito ai corvi, negli ultimi 25 anni, di crescere di nuovo e riconquistare gli spazi da cui erano stati eliminati. Nel Regno Unito, il Breeding Bird Survey ha dimostrato che tra il 1994 e il 2007 la popolazione di corvi è aumentata del 134%.

Nonostante questo evidente recupero, la ricerca non ha trovato alcuna correlazione tra questa dinamica in crescita e il parallelo calo delle popolazioni di limicoli. Altri fattori, come la modifica degli habitat, della copertura vegetale e un generalizzato aumento dei predatori come le volpi, possono essere responsabili del declino su così ampia scala.

Articolo tratto da: www.tutelafauna.it

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