lunedì 31 dicembre 2012

Scafa (Pe). A caccia durante l'orario di servizio

SCAFA LA CORTE DEI CONTI CONDANNA PER DANNO ERARIALE IL DIRIGENTE DEL DISTRETTO SANITARIO E ALTRE 4 PERSONE

A caccia durante l'orario di servizio
Nelle intercettazioni: «Mi si sono persi i cani, che me ne frega di lavorare. Manda via tutti»

A caccia, a spasso per i boschi, oppure a tinteggiare la casa di un superiore (dove naturalmente erano arrivati con l'auto di servizio).

Tutti, però,risultavano al lavoro, con tanto di cartellino timbrato. Per questo cinque impiegati del distretto sanitario di Scafa della Asl di Pescara (tra i quali un dirigente e 4 infermieri), sono stati condannati a risarcire l'azienda sanitaria per la mancata prestazione lavorativa e il danno arrecato all'immagine. Lo ha deciso la sezione giurisdizionale per l'Abruzzo della Corte dei conti (Martino Colella, presidente, Federico Pepe, consigliere e Elena Tomassini, relatore; a sostenere «l'accusa» il procuratore Massimo Perin). A giudizio di responsabilità amministrativa erano stati chiamati R.A., 64 anni, dirigente, (che dovrà pagare 33.537 euro), F.D.D. 54 anni, (520 euro), N.N., 52 anni (839 euro), D.B., 57 anni (728 euro), e M.B., 54 anni (659 euro). Il primo, in particolare, deve rispondere anche dell'affidamento di alcuni lavori eseguiti nel distretto sanitario da parte di una ditta privata senza l'autorizzazione della Asl. Tutto nasce da un'indagine del 2008 della squadra mobile di Pescara, che culmina con l'arresto (ai domiciliari), di alcuni degli indagati. La giustizia penale non ha ancora terminato il suo corso, non essendo stata pronunciata alcuna sentenza definitiva di condanna, ma quella contabile (in ossequio a una giurisprudenza ormai abbondantemente consolidata), ha potuto comunque procedere col giudizio di responsabilità.L'indagine, che si era avvalsa anche di intercettazioni telefoniche e pedinamenti, aveva messo in luce un sistema di mala gestione che si traduceva spesso in disservizi e disagi nei confronti dei pazienti, che aspettavano ore nella speranza di essere visitati e che, infine, venivano rimandati a casa senza tanti scrupoli. Senza contare «una consolidata prassi di assenteismo e utilizzo delle pubbliche risorse per scopi personali» da parte del dirigente R.A.. Eloquente è la telefonata intercettata dalla polizia nel novembre del 2008. «Ma oggi non vieni a lavorare? diceva la segretaria al dirigente. «A Nà, mi si sono persi i cani, che c. me ne frega a me di lavorare». A questo punto la donna aggiungeva: «Allora devo mandare via tutti»? Risposta: «Sì, sì, puoi mandare via tutti», ove per «tutti» si intendevano i pazienti in attesa. Dalle indagini della squadra mobile, inoltre, era anche emerso che il dirigente «si serviva di medici e infermieri del distretto per curare i propri cani, feritisi nel corso delle battute venatorie». Tutto questo avveniva nei locali aziendali. Sempre secondo le risultanze investigative il professionista si sarebbe avvalso di due dipendenti del distretto per svolgere lavori edili nella propria abitazione. I due, col badge timbrato, anziché essere nei poliambulatori erano stati visti dalla polizia mentre uscivano dall'abitazione del superiore con grossi secchi di vernice nelle mani.

domenica 23 dicembre 2012

Pescosansonesco (PE), stop alla caccia con alcune armi

Dopo l’incidente mortale durante una battuta, il sindaco impone nuove regole «Simili tragedie non devono ripetersi, ecco il perché di queste severe limitazioni»

PESCOSANSONESCO. Il sindaco Nunzio Di Donato ha emanato un’ordinanza contigente e urgente di «divieto dell’esercizio dell’attività venatoria con l’utilizzo di armi ad anima rigata», con l’obiettivo della salvaguardia della pubblica incolumità, del rispetto della quiete e dell’ordine pubblico nell’intero territorio comunale. L’iniziativa del primo cittadino prende le mosse dal recente incidente di caccia avvenuto nelle campagne di Pescosansonesco nel quale ha perso la vita un 58enne di Cugnoli.

A esplodere, per errore, il colpo mortale, fu un giovane che partecipava alla battuta insieme ad altri 10 compagni: un 25enne di Alanno che ha scambiato l’amico per un cinghiale. Una tragedia che ha sconvolto, famiglie, cacciatori, interi paesi della Val Pescara.

«Con l’intenzione di evitare il ripetersi di simili tragedie e per elevare il grado di sicurezza di tutto il terriorio», spiega Di Donato, «abbiamo voluto dare una disciplina a chi vuole praticare la caccia dentro i nostri confini territoriali». Il divieto punta a escludere le armi con anima rigata, utilizzate per caccia al cinghiale o altri animali di grossa taglia. «Si tratta di armi a lunga gittata, le carabine», spiega l’esperto cacciatore Antonio Macciocca, «che coprono una distanza anche di un chilometro e mezzo. La particolarità è che utilizzando questo tipo di arma, se si manca il bersaglio, il proiettile continua la sua corsa in relazione alla potenza impressa, senza che chi lo ha esploso possa sapere che cosa in realtà vada a colpire. L’uso di questo tipo di carabina dovrebbe essere limitato solo a cacciatori esperti».

«In realtà», interviene un cacciatore di più lungo corso, Emidio Finocchi, «quasi tutti i praticanti l’attività venatoria possiedono una carabina, a canna liscia o rigata che sia, anche se una parte significativa di colleghi cacciatori non ama usarle o le utilizza raramente. Il motivo è che lo si deve fare solo in territori che garantiscono la piena sicurezza. Insomma occorre molta prudenza: scegliere bersagli che hanno come sfondo zone non frequentate o rilievi dove i colpi possono concludere il loro percorso e comunque lontane da nuclei abitati». Il sindaco osserva come la vocazione agricola del territorio porti molte persone a lavorare nei campi, la cui incolumità potrebbe essere messa a rischio dall’attivà venatoria. Pesanti sono le sanzioni per i trasgressori, oltre a quanto previsto dal codice penale.

Walter Teti

venerdì 21 dicembre 2012

Dalla Corte Costituzionale un nuovo schiaffo per la Regione Abruzzo sulla caccia. Il WWF: ormai perso il conto delle bocciature.

COMUNICATO STAMPA DEL 21/12/2012

Dalla Corte Costituzionale un nuovo schiaffo per la Regione Abruzzo sulla caccia.

Il WWF: ormai perso il conto delle bocciature. Prossimo passo, la Corte dei Conti.

Il WWF interviene sull'ennesima bocciatura rimediata davanti alla Corte Costituzionale dalla Regione Abruzzo in materia di caccia. La Corte con la sentenza 310/2012 ha bocciato la Legge Regionale 43/2011 con la quale il Consiglio regionale aveva prorogato a gennaio la caccia al Cinghiale. La Corte ha censurato sia la procedura seguita, per aver approvato la norma con Legge regionale e non con atto amministrativo di Giunta, sia i contenuti della stessa in quanto si è prorogata la caccia al cinghiale oltre i limiti previsti dalla norma nazionale.

Dichiara Dante Caserta, vicepresidente nazionale del WWF “Ormai abbiamo difficoltà a tenere il conto delle bocciature rimediate davanti ai giudici da parte di questa amministrazione regionale. Siamo a due sentenze delle Corte Costituzionale su altrettante leggi, cinque pronunce del TAR sui calendari venatori, una ordinanza del Consiglio di Stato: questa è la cosiddetta gestione dell'attività venatoria in Abruzzo. E' un fallimento completo a danno del patrimonio collettivo costituito dalla fauna. Nonostante i nostri appelli e i nostri documenti inviati in questi anni neanche l'evidenza dei fatti e le censure ottenute ad ogni livello della Magistratura hanno fatto cambiare strada ai nostri amministratori. Purtroppo alcune di queste sentenze arrivano a prelievi già realizzati in maniera illegittima. Ormai ci rimane un'ultima strada giudiziaria da percorrere, quella della Corte dei Conti a cui presto invieremo un dossier su tutta la materia. Riteniamo che chi ripetutamente stravolge le leggi per favorire i cacciatori a scapito della tutela della fauna selvatica deve risponderne direttamente anche perchè impegna per mesi e mesi le strutture e i funzionari che hanno un costo sostenuto da tutta la collettività”.


Qui sotto la sentenza per esteso.



Sentenza 310/2012
Giudizio 
Presidente QUARANTA - Redattore LATTANZI
Udienza Pubblica del 20/11/2012 Decisione del 12/12/2012
Deposito del 20/12/2012 Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate: 
Art. 5, c. 1°, della legge della Regione Abruzzo 13/12/2011, n. 43.
Massime: 
Atti decisi: 
ric. 26/2012

SENTENZA N. 310
ANNO 2012


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Alfonso QUARANTA; Giudici : Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 5, comma 1, della legge della Regione Abruzzo 13 dicembre 2011, n. 43, recante «Modifiche alla legge regionale 11 agosto 2011, n. 28 (Norme per la riduzione del rischio sismico e modalità di vigilanza e controllo su opere e costruzioni in zone sismiche) ed altre disposizioni regionali», promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 13-15 febbraio 2012, depositato in cancelleria il 17 febbraio 2012, ed iscritto al n. 26 del registro ricorsi 2012.

Udito nell’udienza pubblica del 20 novembre 2012 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi;

udito l’avvocato dello Stato Giacomo Aiello per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.− Con ricorso notificato il 13 febbraio 2012 e depositato il successivo 17 febbraio (reg. ric. n. 26 del 2012) il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’articolo 5, comma 1, della legge della Regione Abruzzo 13 dicembre 2011, n. 43, recante «Modifiche alla legge regionale 11 agosto 2011, n. 28 (Norme per la riduzione del rischio sismico e modalità di vigilanza e controllo su opere e costruzioni in zone sismiche) ed altre disposizioni regionali», in riferimento all’articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.

La disposizione impugnata proroga il prelievo venatorio del cinghiale, per la stagione di caccia 2011-2012, fino al 5 gennaio 2012.

Il ricorrente ritiene anzitutto che la disposizione impugnata sia lesiva dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. perché ha assunto veste legislativa, mentre dall’art. 18, commi 2 e 4, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), si desume la necessità di procedere all’approvazione del calendario venatorio in via amministrativa.

L’impiego della legge, infatti, frustrerebbe sia la necessità di garantire pronte modifiche del calendario, sia l’esercizio delle competenze attribuite in materia all’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) dalla legislazione statale.

In secondo luogo, la proroga dell’attività venatoria fino al 5 gennaio, a parere del ricorrente, contrasta con l’art. 18, comma 1, lettera d), della legge n. 157 del 1992, che invece, quanto al cinghiale, la limita al periodo compreso tra il 1° ottobre ed il 31 dicembre, ovvero tra il 1° novembre e il 31 gennaio e comunque per un periodo massimo di 90 giorni, nel caso di specie superato perché la caccia era stata aperta il 18 agosto e pertanto si sarebbe dovuta chiudere il 18 novembre.

La norma impugnata avrebbe perciò invaso un’area riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, in relazione alle forme di approvazione del calendario venatorio a fini di tutela della fauna.

2.− La Regione Abruzzo non si è costituita.

Considerato in diritto

1.− Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’articolo 5, comma 1, della legge della Regione Abruzzo 13 dicembre 2011, n. 43, recante «Modifiche alla legge regionale 11 agosto 2011, n. 28 (Norme per la riduzione del rischio sismico e modalità di vigilanza e controllo su opere e costruzioni in zone sismiche) ed altre disposizioni regionali», in riferimento all’articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.

2.− La questione è fondata, per la parte in cui si contesta alla Regione di avere approvato previsioni proprie del calendario venatorio con legge anziché con atto secondario.

La disposizione impugnata disciplina l’arco temporale aperto per la caccia al cinghiale durante la stagione 2011-2012, ovvero un profilo proprio del calendario venatorio, e lo proroga fino al 5 gennaio 2012, ponendosi in contrasto con l’art. 18, comma 4, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), che, con una disposizione finalizzata alla tutela dell’ambiente e dell’ecosistema (art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.), regola la materia e non consente alla Regione di provvedere in proposito per mezzo della legge.

Come questa Corte ha ripetutamente affermato, infatti, «appare evidente che il legislatore statale, prescrivendo la pubblicazione del calendario venatorio e contestualmente del “regolamento” sull’attività venatoria e imponendo l’acquisizione obbligatoria del parere dell’ISPRA, e dunque esplicitando la natura tecnica del provvedere, abbia inteso realizzare un procedimento amministrativo, al termine del quale la Regione è tenuta a provvedere nella forma che naturalmente ne consegue, con divieto di impiegare, invece, la legge-provvedimento» (sentenza n. 20 del 2012; in seguito, sentenze n. 105 del 2012 e n. 116 del 2012).

3.− Il vizio di legittimità costituzionale appena indicato colpisce non solo l’impugnato comma 1 dell’art. 5, ma, in via consequenziale, l’intero testo di tale disposizione (sentenza n. 105 del 2012), ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale). Infatti, il comma 2, nel vietare la caccia al cinghiale nei giorni del 25 dicembre 2011 e del 1° gennaio 2012, è afflitto dal medesimo vizio appena rilevato con riguardo al comma 1, mentre il comma 3, nel disciplinare con altra prescrizione la caccia durante il periodo di proroga sancito dal comma 1, è del tutto privo di significato una volta dichiarato illegittimo quest’ultimo.

4.− Resta assorbita la censura di violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., per avere la disposizione impugnata stabilito un periodo di caccia al cinghiale diverso e più lungo di quello consentito dalla legge dello Stato.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 5, comma 1, della legge della Regione Abruzzo 13 dicembre 2011, n. 43, recante «Modifiche alla legge regionale 11 agosto 2011, n. 28 (Norme per la riduzione del rischio sismico e modalità di vigilanza e controllo su opere e costruzioni in zone sismiche) ed altre disposizioni regionali»;

2) dichiara l’illegittimità costituzionale in via consequenziale dell’articolo 5, commi 2 e 3, della legge della Regione Abruzzo n. 43 del 2011.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 2012.

F.to:

Alfonso QUARANTA, Presidente

Giorgio LATTANZI, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 20 dicembre 2012.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Gabriella MELATTI


martedì 11 dicembre 2012

Abruzzo: il TAR nega sospensione di divieto di caccia

Con ordinanza n. 63 del 29 agosto 2012 il sindaco di Pianella (provincia di Pescara) disponeva il divieto di caccia nell’intera parte di Contrada Nardangelo e parte di Contrada Astignano. L’Ambito territoriale di caccia “Pescara” ricorreva al TAR (sezione staccata di Pescara, sezione prima) che con ordinanza n. 250 del 6 dicembre 2012, depositata in segreteria il 7 dicembre 2012, respingeva l’istanza di sospensione avanzata dal ricorrente. Il TAR ha rilevato infatti “che i fatti addotti dal Comune resistente appaiono circostanziati e sintomatici della possibilità del verificarsi di pericoli per la sicurezza pubblica in ragione dello svolgimento dell’attività venatoria nelle aree in questione; e che, inoltre, anche con riguardo al periculum, la domanda cautelare non appare meritevole di accoglimento, in ragione dell’imminenza della naturale scadenza della stagione venatoria”.

Fonte: LAC newsletter del 07 dicembre 2012

domenica 9 dicembre 2012

Il TAR boccia il ricorso dell'ATC di Pescara: legittima l' ordinanza comunale di Pianella sul divieto di caccia

N. 00250/2012 REG.ORD.CAU.
N. 00485/2012 REG.RIC.           
REPUBBLICA ITALIANA
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo
sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 485 del 2012, proposto da:


Comitato di Gestione dell'Ambito Territoriale di Caccia "Pescara", rappresentato e difeso dall'avv. Andrea Cocchini, con domicilio eletto presso Tar Pescara, via Lo Feudo 1;


contro
Comune di Pianella, Comune di Pianella Sindaco; Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata per legge in L'Aquila, via Buccio di Ranallo S.Domenico; 
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
dell'ordinanza n. 63 del 29 agosto 2012 con cui il Sindaco del Comune di Pianella ha disposto il divieto dell'esercizio dell'attività venatoria nell'intera parte di C.da Nardangelo e parte di C.da Astignano.


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
Vista la domanda di sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente;
Visto l'art. 55 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Ritenuta la propria giurisdizione e competenza;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2012 il dott. Massimiliano Balloriani e uditi per le parti i difensori l'avv. Andrea Cocchini per il Comitato ricorrente e l'avv. distrettuale dello Stato Luigi Simeoli per il Ministero intimato;


Considerato che, ad un primo esame, tipico della presente fase cautelare, il ricorso non presenta il prescritto fumus di fondatezza, atteso che i fatti addotti dal Comune resistente appaiono circostanziati e sintomatici della possibilità del verificarsi di pericoli per la sicurezza pubblica in ragione dello svolgimento dell’attività venatoria nelle aree in questione;
che, inoltre, anche con riguardo al periculum, la domanda cautelare non appare meritevole di accoglimento, in ragione dell’imminenza della naturale scadenza della stagione venatoria.
P.Q.M.
Respinge l’istanza cautelare.
Spese compensate.
La presente ordinanza sarà eseguita dall'Amministrazione ed è depositata presso la segreteria del tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Michele Eliantonio, Presidente
Dino Nazzaro, Consigliere
Massimiliano Balloriani, Consigliere, Estensore



L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE




DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/12/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

lunedì 3 dicembre 2012

Abruzzo. Il Prelievo venatorio della specie fagiano cessa dal 30/11/2012

La caccia alla specie Fagiano cessa a decorrere dal 30/11/2012 per effetto della sentenza TAR 589/2012. La Regione Abruzzo con nota n. RA271623 del 30/11/2012 ha comunicato gli effetti della sentenza TAR in parola che accogliendo le doglianze dei ricorrenti al calendario venatorio ha stabilito la sospensiva per quanto concerne i periodi di chiusura della caccia alle specie beccaccia e fagiano. In particolare la nota regionale chiarisce che la caccia alla beccaccia è già stato regolamentata con successive modifiche al calendario venatorio mentre il prelievo venatorio del fagiano cessa alla data del 30/11/2012.


ORDINANZA TAR 589/2012 - circolare regione Abruzzo n. RA271623 del 30/11/2012 (Pubblicata sul sito della Regione Abruzzowww.regione.abruzzo.it/caccia/)

Fonte: provincia.chieti.it 

domenica 2 dicembre 2012

Caccia a cervo e capriolo in Abruzzo: il WWF e gli Animalisti Italiani hanno depositato il ricorso al TAR L'Aquila

Comunicato stampa dell'1 dicembre 2012 

Caccia a cervo e capriolo in Abruzzo: il WWF e gli Animalisti Italiani hanno depositato il ricorso al TAR L'Aquila 

Appello ai cittadini: aiutate le associazioni per sostenere le spese sui ricorsi sulla caccia. 

Il WWF e gli Animalisti Italiani nei giorni scorsi hanno depositato al TAR L'Aquila il ricorso contro l'approvazione da parte della Giunta regionale della Regione Abruzzo di un regolamento che apre la strada alla caccia al cervo e al capriolo. 

Il Documento “Indirizzi generali per la gestione delle popolazioni di Cinghiale e principi generali per la gestione delle popolazioni di Cervo e Capriolo” era stato approvato dalla Giunta Regionale nel 2011 ma, stranamente, la delibera era stata pubblicata sul BURA solo il 26 settembre 2012 probabilmente per permettere l'immediata approvazione di ulteriori provvedimenti attuativi all'Amministrazione Provinciale di Pescara il 4 ottobre (discussione poi rinviata a causa dei dubbi insorti tra gli stessi cacciatori). 

Alla pubblicazione sul BURA è seguita una forte presa di posizione da parte dell'opposizione in Consiglio Regionale sulle modalità di approvazione del documento che avrebbe leso le prerogative del Consiglio. I dubbi dell'opposizione hanno trovato conferma nel parere del Collegio per le Garanzie Statutarie della Regione che confermava la natura regolamentare del provvedimento e, quindi, la competenza del Consiglio Regionale e non della giunta per la sua approvazione. 

Dichiara Dante Caserta, vicepresidente del WWF Italia “La Giunta Regionale a seguito del parere del Collegio avrebbe dovuto immediatamente ritirare la Delibera ammettendo di aver compiuto un passo falso. Abbiamo aspettato fino all'ultimo un ravvedimento operoso che non c'è stato e siamo stati costretti a depositare l'ennesimo ricorso al TAR in materia di caccia. E' deprimente pensare quante risorse pubbliche – tra impegno dell'avvocatura, dei giudici e dei funzionari – si devono perdere per un provvedimento che non solo è stato censurato dal Collegio delle garanzie Statutarie ma che ha visto una vera e propria sollevazione popolare dei cittadini abruzzesi che sono contrari alla mattanza di animali come cervo e capriolo. Il buon senso avrebbe consigliato di evitare un inutile contenzioso visto che il provvedimento, a nostro avviso, è illegittimo non solo per la procedura di approvazione seguita ma anche per i contenuti. Infatti vi sono evidenti contrasti con la Legge 394/91 sui parchi, visto che il regolamento prevede che siano le province ad autorizzare l'ingresso di cacciatori nelle aree protette in aperta violazione delle norme nazionali. Purtroppo il Presidente Chiodi ha perso un'occasione per richiamare il suo assessore Febbo ad una gestione della materia venatoria più attenta alla tutela degli interessi collettivi e non a quella delle parti più estremiste del mondo venatorio, dopo anni di sconfitte davanti a TAR, Consiglio di Stato e Corte Costituzionale, . Ringrazio l'Avv. Michele Pezone che ha curato l'atto e faccio appello ai cittadini abruzzesi affinché aiutino le due associazioni a sostenere le spese per tutti questi contenziosi”. 

sabato 1 dicembre 2012

Circolare della Regione Abruzzo a seguito ordinanza TAR del 07 novembre 2012


Ricorso avverso Calendario Venatorio presentato da Lega Abolizione Caccia e Associazione Vittime Caccia.Ordinanza TAR 589/2012. Circolare.

Circolare inerente all'ordinanza del TAR dell'Aquila 589/2012 relativa al Calendario Venatorio 2012-2013.