L’AQUILA – “Una babele di interessi contrapposti, una guerra di
posizione con in mezzo agricoltori e allevatori che alimentano
gratuitamente la fauna selvatica per soddisfare i piaceri di cacciatori e
cittadini, felici di vedere ripopolati i borghi montani, non di
bambini, ma di ogni sorta di animale selvatico, felicità che
immediatamente tramuta in sconforto, se non addirittura dolore nel
vedere le proprie auto danneggiate dagli incidenti e dalla morte degli
animali che, se sono cervi, caprioli e lupi creano strazio e titoli sui
giornali ma se sono cinghiali gramaglie più attenuate”.
Così in una nota Confagricoltura L’Aquila.
“Ora, anche le prese di posizione del Cospa, per bocca del suo presidente Dino Rossi
allevatore e cacciatore noto ai più come polemista pungente, lasciano
trasecolati – continua la nota -. Il prefato, con le sue ultime uscite,
vorrebbe incarnare i buoni sentimenti sul benessere degli animali
destinati alle pallottole distinguendo i fucili a seconda di chi li
imbraccia”.
“L’enclave della Valle Subequana circoscritta dai parchi è
notoriamente quella dove alberga il numero maggiore di animali selvatici
che man mano hanno sostituito gli abitanti passati in 10 anni da 3.035 a
2.704 dispersi in 6 paesi 5 dei quali non superano le cinquecento
anime. Poche attività commerciali, qualche artigiano e una trentina di
imprese agricole condannate a morte dagli animali selvatici e dalla
contrapposizione degli interessi di cacciatori e sacerdoti
dell’ambientalismo metropolitano ciechi davanti al fallimento
complessivo delle loro pratiche e politiche del tutto ininfluenti allo
sviluppo dei borghi rurali”.
“In assenza di certezze economiche e imprenditoriali non sarà
l’agricoltura a rilanciare queste zone, in barba a tutti i soldi spesi
dalla UE per sostenerla. Certamente i fondi comunatari a pioggia
illudono taluni a sfruttare un assistenzialismo senza dignità ed altri a
lucrare in modo spudorato ingenti risorse pubbliche senza produrre
nulla – prosegue Confagricoltura – . Ma ostacolare gli agricoltori che
vogliono svolgere con dignità il lavoro ereditato da tradizioni
famigliari antiche, oltre che stupido è un affronto al principio
costituzionale della libertà di impresa”.
“Perciò il buonismo di Dino Rossi sulle forme di esercizio della
caccia non è compreso da chi vuole la riduzione della fauna selvatica in
eccesso come previsto dalle norme, costantemente eluse a causa del
tacito accordo tra gli ambientalisti nostrani e il mondo venatorio che
spesso non traggono da questa pratica solo gioia ma profitti ben
consistenti in grado di sostenere anche investimenti nelle ‘ottiche
notturne’ che costano dai 1.400 ai 1.800 euro, come ci informa il
Rossi”.
“Agli agricoltori non gli si può chiedere di essere disposti a fare
distinzioni poetiche, interessa produrre e vendere i frutti dei loro
sforzi imprenditoriali per sostenere le famiglie e continuare a vivere
in questi paesi dove si trova la propria terra”, conclude
Confagricoltura.
Fonte: virtuquotidiane.it del 20 giugno 2020