giovedì 23 febbraio 2012

Provincia di Chieti, D'Amico (Pd) su nomina componenti Ambiti Territoriali di Caccia

Chieti. Secondo il capogruppo e consigliere provinciale del Pd, Camillo D'Amico, la Provincia di Chieti deve imporre una nuova missione per chi governerà il mondo venatorio.
“Nei prossimi giorni - spiega D'Amico - il presidente della Provincia emanerà i decreti di nomina dei componenti gli Ambiti Territoriali di Caccia sulla scorta delle indicazioni pervenute dalle associazioni venatorie, agricole ed ambientaliste alla quale si aggiungeranno i nominati dai comuni e dallo stesso ente. In questi tre anni di amministrazione Di Giuseppantonio è regnata un anarchia assoluta negli A.T.C. del Vastese e del Chietino – Lancianese dove sono prevalse le necessità e le volontà del delegato alla caccia Giovanni Staniscia con la provincia nel suo insieme rimasta stata mera spettatrice; ora siamo nella condizione di poter recuperare i poteri e l’autorevolezza perduta rispetto ad un rinnovo, gli organi dirigenti negli AA.TT. CC., nella quale riponiamo grandi aspettative di rinnovamento nel metodo di gestione del territorio, di rapporto con l’organo istituzionale preposto al controllo ed all’indirizzo, le associazioni tutte. Il governo delle risorse disponibili non può essere solo una questione privata degli AA. TT. CC. quando poi i danni prodotti sul territorio, in particolare nel comparto agricolo, dalla fauna selvatica è a carico dell’intera collettività. Questa è la ragione per la quale abbiamo presentato l’ordine del giorno che verrà discusso al prossimo consiglio nella quale vogliamo vincolare l’amministrazione ad esercitare la propria funzione istituzionale ed obbligare i nuovi governi degli AA. TT. CC. a condividere i piani di azione nel territorio successivi al loro prossimo insediamento".

lunedì 13 febbraio 2012

Caccia. Corte Costituzionale dichiara illegittima legge abruzzese

COMUNICATO STAMPA

CACCIA – CORTE COSTITUZIONALE DICHIARA ILLEGITTIMA LEGGE SU CALENDARIO VENATORIO

CAPORALE: “ I NODI VENGONO AL PETTINE.
MOLTI COLLEGHI CONSIGLIERI MI AGGREDIRONO E INSULTARONO”

Dichiarazione di Walter Caporale, Capogruppo dei VERDI al Consiglio Regionale.:

“La Corte costituzionale ha dichiarato illegittima la legge della Regione Abruzzo 10 agosto 2010, n. 39 (Norme per la definizione del calendario venatorio regionale per la stagione venatoria 2010/2011), a seguito di richieste di impugnativa pervenute al Governo. Una richiesta è stata inviata a firma del sottoscritto in qualità di Consigliere regionale.

Avevo votato contro questa legge e come ogni volta che si legiferano illegittimità ho presentato immediatamente richiesta d’impugnativa al Governo. E’ passato oltre un anno e intanto per la stagione venatoria 2010/2011 i cacciatori abruzzesi hanno cacciato senza regole. Questa è stata la tattica promossa in Consiglio regionale dai cacciatori abruzzesi che l’anno prima si erano visti bocciare con effetti immediati dal TAR Abruzzo la Delibera di Giunta sul Calendario venatorio per palesi irregolarità e illegittimità in riferimento alle specie cacciabili ed ai periodi di caccia.

Le Associazioni ambientaliste e animaliste hanno dovuto subire una stagione venatoria di illegittimità ma intanto grazie a questa illegittimità riconosciuta alla legge abruzzese si è creato un precedente e tutte le Regioni italiane non potranno più approvare con Legge i Calendari Venatori ma solo con delibere di Giunta come è giusto fare quando si gestisce il Patrimonio Faunistico.

Una vittoria senza precedenti e ringrazio quei colleghi consiglieri che non solo quando ho sconsigliato di approvare con legge il Calendario Venatorio non hanno voluto prestarmi ascolto ma mi hanno anche insultato e aggredito, sia durante le sedute della Commissione competente che durante il voto in Consiglio”.

L’Aquila, 10 febbraio 2012

Gruppo Consiliare "VERDI" Regione Abruzzo Via Jacobucci,4 - 67100 L'Aquila –
0862.644.213 - www.waltercaporale.it – verdi@waltercaporale.it



domenica 12 febbraio 2012

La Caccia abruzzese è incostituzionale

Con sentenza depositata il 9 febbraio scorso, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della legge abruzzese sul calendario venatorio (sent. n. 20/2012). Che questa legge fosse sospetta di violare la Costituzione non credo possa sorprendere più qualcuno (si veda, se si vuole, l’articolo apparso su questo blog dal titolo “A proposito dell’approvazione con legge regionale del calendario venatorio”). Prima di commentare brevemente la decisione adottata dalla Corte, vorrei, però, spendere qualche parola sulla questione della materia “caccia” alla luce del quadro costituzionale vigente. Ciò risulterà senz’altro utile ai fini della comprensione e della valutazione della sentenza del giudice costituzionale.

Prima che la Costituzione fosse riformata nel 2001, la materia “caccia” era attratta espressamente nella competenza legislativa concorrente dello Stato e delle Regioni: la Regione avrebbe potuto disciplinare con legge la caccia, ma solo nel rispetto dei principi fondamentali individuati dalla legge dello Stato. Dopo la riforma del 2001, la “caccia” è scomparsa dal testo costituzionale, e cioè: non risulta più attratta nell’elenco delle materie sulle quali hanno competenza legislativa lo Stato e la Regione assieme e neppure è ricondotta entro l’elenco delle materie sulle quali solo lo Stato ha competenza legislativa (art. 117, commi 2 e 3, Cost.). La domanda che si pone è la seguente: a chi appartiene oggi la competenza legislativa sulla caccia? La risposta che deve darsi è questa: alla sola Regione.

Ciò lo si ricava dal fatto che la stessa Costituzione stabilisce a chiare lettere: “spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato” (art. 117, comma 4, Cost.).

Il problema che, tuttavia, si pone è che la competenza della Regione sulla caccia incrocia un’altra competenza: quella legislativa esclusiva dello Stato sulla tutela ambientale. In materia di ambiente, infatti, solo lo Stato può intervenire, mentre la Regione può farlo solo a patto che, in connessione con una materia di sua competenza (quale in questo caso è la caccia), la sua legge non violi gli standard di tutela fissati dallo Stato: essa può, dunque, solo innalzare, ma mai ridurre le garanzie di protezione dell’ambiente stabilite dallo Stato.

La disciplina di riferimento è data da una legge varata dal Parlamento nel 1992, che contiene sia disposizioni sulla tutela ambientale, sia disposizioni sulla caccia: un esempio del primo tipo è dato dalle disposizioni sulla protezione della fauna (come quelle sui piani faunistico-venatori, sulle specie cacciabili, sui periodi di attività venatoria, ecc.); un esempio del secondo tipo è dato dalle disposizioni sulle modalità della caccia (come quelle sulle condizioni del suo esercizio, sui mezzi utilizzabili, ecc.). Ebbene, alla luce del quadro costituzionale oggi vigente, può dirsi quanto segue:

A) in relazione alle disposizioni dettate a tutela dell’ambiente, la Regione non può intervenire, ma è tenuta ad osservare quanto in esse prescritto. In questo caso, la Regione può intervenire unicamente: 1) con regolamenti o con atti amministrativi se autorizzata in tal senso dalla legge dello Stato; 2) con legge qualora innalzi le garanzie di tutela ambientale offerte dalla legge dello Stato;

B) in relazione alle disposizioni sulla caccia, queste possono essere derogate dalla Regione, sempreché le deroghe regionali non si riflettano sulle garanzie di carattere ambientale: come ad es. qualora vi fossero eventuali disposizioni sul tipo di pallini utilizzabili, quali quelli di piombo, considerati inquinanti per l’ambiente e tossici per la salute umana (v. legge n. 66/2006, relativa all’Accordo sulla conservazione degli uccelli acquatici migratori dell’Africa – EURASIA).

La sentenza della Corte ha ad oggetto la legge della Regione nella parte in cui disciplina la stagione venatoria, le giornate e gli orari di caccia, le specie cacciabili e i periodi di caccia. Disposizioni, queste, che si inquadrano tutte entro la materia della tutela ambientale e non in quelle della caccia e che, in ragione di ciò, presupporrebbero che l’intervento della Regione resti autorizzato dalla legge dello Stato. E così sembrerebbe in effetti essere. Con il suo ricorso, del resto, il Governo non lamentava la possibilità che la Regione potesse intervenire in proposito, in quanto la legge del 1992 effettivamente autorizzava la Regione ad intervenire. Il problema era non l’intervento in sé, ma il mezzo prescelto per l’intervento: la legge. Stagione venatoria, giornate e orari di caccia, specie cacciabili e periodi di caccia non possono essere disciplinati con legge perché questo vorrebbe dire invadere la competenza dello Stato, che in materia di tutela dell’ambiente è “esclusiva”. E si badi: neppure se lo Stato lo volesse la Regione potrebbe intervenire con legge. L’intervento con legge regionale dietro delega del Parlamento nel nostro ordinamento non è ammessa. Ciò che può essere delegato è solo la potestà regolamentare. Mentre l’esercizio della funzione amministrativa, che spetta normalmente al Comune, può essere conferita a Province, Città metropolitane, Regioni o mantenuto in capo allo Stato, ma solo per esigenze di carattere unitario.

Sul punto, tuttavia, la decisione della Corte, sebbene condivisibile nel merito, appare piuttosto ambigua. Essa, infatti, pur muovendo dal corretto presupposto che le questioni sollevate abbiano attinenza ad una materia di competenza esclusiva dello Stato (l’ambiente), giunge ad affermare che “il legislatore ha perciò titolo per imporre alle Regioni di provvedere nella forma dell’atto amministrativo anziché in quella della legge”. Per poi comunque sostenere che la natura in sé degli oggetti disciplinati dalla legge regionale (stagione venatoria, giornate, orari di caccia, specie cacciabili, periodi di caccia) non potrebbe che richiedere un intervento con un atto diverso dalla legge: l’atto amministrativo. Detto atto – è questo il pensiero della Corte – appare più consono alla disciplina dei criteri tecnico-scientifici ai quali soggiacciono quegli oggetti; e solo esso consentirebbe di far fronte tempestivamente ad un “repentino e imprevedibile mutamento delle circostanze di fatto in base alle quali il calendario venatorio è stato approvato”.

Vero è che la legge della Regione Abruzzo fosse illegittima perché l’intervento sugli oggetti di cui sopra andava esercitato con atto diverso dalla legge, ma questa illegittimità non deriva da quanto ritiene la Corte: né dalla natura degli oggetti disciplinati dalla legge regionale, né da una scelta discrezionale del Legislatore statale (l’atto amministrativo anziché la legge). Trattandosi di una competenza esclusiva dello Stato, infatti, il Legislatore statale avrebbe potuto scegliere unicamente tra: intervenire direttamente esso stesso su tutto oppure autorizzare la Regione all’intervento, ma solo con regolamento oppure con atto amministrativo. Mai con legge. Solo la Costituzione stabilisce quando la Regione può intervenire con legge, non il Legislatore statale.

Da questo punto di vista, la legge del 1992 appare, quindi, legittima: essa stabilisce che “le regioni, sentito l’Istituto nazionale per la fauna selvatica, pubblicano, entro e non oltre il 15 giugno, il calendario venatorio regionale e il regolamento relativi all’intera annata venatoria”. Qui, come si vede, la legge dello Stato “autorizza” la Regione ad intervenire, da un lato, con atto amministrativo, dall’altro, con regolamento. E in ambedue i casi ciò risulta perfettamente legittimo: nel primo caso, perché, pur trattandosi di una materia di sua competenza, lo Stato può decidere che le funzioni amministrative siano devolute in capo alle Regioni (art. 118 Cost.); nel secondo caso, perché così consente l’art. 117, comma 6, Cost., ove si dice che “la potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di sua competenza esclusiva, salva delega alle Regioni”. Pertanto: l’intervento della Regione Abruzzo risulta illegittimo perché dato con legge e ciò è invasivo della competenza statale.

Eppure anche su quest’ultimo punto la sentenza non è priva di ambiguità. La Corte, infatti, discorre continuamente di “atto amministrativo”, senza considerare che la legge dello Stato chiede che le Regioni adottino “il calendario venatorio regionale e il regolamento relativi all’intera annata venatoria”. Dunque: non solo un atto amministrativo (il calendario venatorio), ma anche un regolamento, che, però, è un atto normativo.

Che i due piani non siano mantenuti adeguatamente distinti emerge anche dalla circostanza che la Corte ritiene che solo un “atto amministrativo” consente di porre tempestivamente rimedio ad un “repentino e imprevedibile mutamento delle circostanze di fatto in base alle quali il calendario venatorio è stato approvato”.

Se si seguisse il procedimento legislativo, precisa la Corte, ciò non sarebbe possibile, costituendo detto procedimento “un aggravio, persino tale in casi estremi da vanificare gli obiettivi di pronta regolazione dei casi di urgenza”.

Ora, questo risulta vero qualora le predette esigenze toccassero il calendario venatorio in sé, ma non lo sarebbe nel caso in cui esse avessero ad oggetto la disciplina dell’attività venatoria annuale.

In questa evenienza, infatti, occorrerebbe ricorrere ad un regolamento, non ad un atto amministrativo.

E competente all’adozione dei regolamenti, almeno in Abruzzo, è il Consiglio e non la Giunta.

Ragion per cui, in questo caso, i problemi di aggravio del procedimento potrebbero restare pressoché irrisolti.



sabato 11 febbraio 2012

La Corte Costituzionale boccia la Regione Abruzzo sulla caccia

Grande soddisfazione per la decisione della Corte Costituzionale che ha dichiarato l'illegittimità della parte della legge della Regione Abruzzo n. 39/10 che aveva approvato il calendario venatorio 2010/11.

Si tratta di una sentenza che costituisce un precedente importantissimo per tutte le regioni italiane e che ribadisce quanto il WWF ha sempre affermato: il calendario venatorio non può essere approvato con legge!

Il WWF aveva segnalato al Governo nazionale l'approvazione di questa legge, chiedendone l'impugnativa davanti alla Corte Costituzionale. Impugnativa che in effetti l'allora Governo Berlusconi propose e che ha portato a questa sentenza.

Qui di seguito potete legge il comunicato delle Associazioni Animalisti italiani, ENPA, LAC, LAV, Legambiente, LIPU-BirdLife Italia, VAS e WWF Italia!

Godiamoci questa ennesima vittoria in difesa della fauna.





CACCIA, CORTE COSTITUZIONALE: ILLEGITTIMI I CALENDARI VENATORI PER LEGGE

"Le leggi di Lombardia, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Marche e province autonome di Trento e Bolzano sui calendari venatori sono da considerarsi illegittime. Cade anche la strategia di alcune regioni di raggirare le indicazioni nazionali e comunitarie attraverso lo strumento della legge. Le regioni si conformino rapidamente alle regole di tutela ambientale, non solo per le deroghe ma anche per i calendari venatori”.

Lo affermano le associazioni Animalisti italiani, Enpa, Lac, Lav, Legambiente, Lipu-Birdlife Italia, VAS e WWF Italia a proposito della sentenza n. 20/2012 della Corte Costituzionale che, raccogliendo un ricorso del Governo, ha dichiarato illegittima la legge recante calendario venatorio della regione Abruzzo e ribadito la potestà esclusiva dello Stato in materia di tutela delle specie cacciabili.

Questa fondamentale sentenza della Corte Costituzionale, la prima sulla materia, sebbene si riferisca in particolare alla legge della regione Abruzzo (che peraltro aveva cessato i suoi effetti) ha una esplicita portata complessiva e va a bocciare ogni regione che abbia inteso o intenda prevede il calendario venatorio mediante una legge provvedimento, affermando invece l’obbligo di emanarlo esclusivamente con la forma dell’atto amministrativo.

“La scelta che si provveda con atto amministrativo”, afferma la Corte, “è l’unica coerente” e “si inserisce armonicamente nel tessuto della legge n. 157 del 1992” non solo perché consente “ai cittadini e alle loro organizzazioni rappresentative la possibilità di tutelare i propri interessi legittimi dinanzi al competente giudice amministrativo” ma anche e soprattutto perché mantiene aperta la possibilità di agire in modo rapido sui contenuti del calendario venatorio stesso qualora si ravveda la necessità di intervenire, porre in essere nuove tutele, rivedere tempi, luoghi e specie cacciabili o anche le modalità con cui l’attività venatoria viene prevista. In questo senso, la Corte ha peraltro ribadito come “la selezione, sia delle specie cacciabili, sia dei periodi aperti all’attività venatoria, implichi l’incisione di profili propri della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, che fanno capo alla competenza esclusiva dello Stato” e dunque “il legislatore nazionale ha perciò titolo per imporre alle Regioni di provvedere nella forma dell’atto amministrativo, anziché in quella della legge”.

La storica sentenza della Corte Costituzionale pone fine al diffuso espediente del ricorso alla legge per emanare i calendari venatori e ha un effetto dirompente su molte regioni italiane, che vedono di fatto crollare il proprio impianto venatorio: le leggi di Lombardia, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Marche ma anche le province autonome di Trento e Bolzano da questo momento devono considerarsi illegittime, così come illegittimi saranno tutti gli eventuali atti, anche provinciali, che ne verranno eventualmente dedotti.

Per inciso, si noti che la Corte ha anche sottolineato l’obbligo, previsto dalla legge 157/92, di emanare il calendario venatorio “entro e non oltre il 15 giugno di ogni anno”. Un vincolo finora largamente disatteso ma che da oggi andrà rispettato strettamente.

“L’effetto di questa sentenza -concludono le associazioni- è dirompente e parifica il tema del calendario venatorio a quello delle deroghe: per entrambi, le leggi sono illegittime. Non solo dunque crollano le leggi di importanti regioni italiane, ma fallisce anche il progetto di varie amministrazioni di ricorrere allo strumento legislativo per raggirare le prescrizioni comunitarie e disattendere le iniziative dello Stato a tutela delle specie, tra cui la Guida ISPRA 2010. Ora le regioni non hanno più scuse né alibi. Si adeguino compiutamente al sistema di tutele, a partire dal prossimo calendario venatorio”.
 

venerdì 3 febbraio 2012

Sospensione caccia per le avverse condizioni meteo. Caporale risponde a Febbo

Dichiarazione di Walter Caporale, Capogruppo dei VERDI al Consiglio Regionale:

“Conosco benissimo la Legge 157/92 e so bene che nelle zone coperte da neve non è possibile cacciare. Purtroppo l’assessore Febbo non sa che l’articolo 19 si riferisce alle avverse condizioni di tempo e quindi anche alla possibilità di chiudere la Caccia a causa del solo freddo senza neve. Provveda a chiudere la caccia e la finisca di fare l’avvocato difensore dei cacciatori e degli inutili e costosi uffici Caccia, più volte bocciati dai ricorsi vinti dagli animalisti. L’Assessore ha il compito di proteggere il patrimonio faunistico della Regione e non gli abusi dei cacciatori.

Inoltre la Legge 157/92 che l’Assessore vanta di conoscere sancisce che la Regione chiude la caccia indipendentemente dal fatto che siano state le Province a decidere la proroga. Ricordo inoltre che sulla decisione lasciata alle Province di prorogare la Caccia è in corso una nostra denuncia di legittimità ”.

L’Aquila, 2 febbraio 2012

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giovedì 2 febbraio 2012

Sospensione caccia per le avverse condizioni meteo. Febbo risponde a Caporale

Pescara, 2 feb. "Il consigliere Walter Caporale è un campione in velocità e astuzia nel trovare ogni pretesto possibile per chiudere in anticipo la caccia". Questa la risposta dell'assessore regionale alle Politiche agricole e Caccia Mauro Febbo alla missiva, indirizzata agli uffici della Direzione, inviata dal consigliere regionale dei Verdi che chiede la sospensione della caccia per avverse condizioni metereologiche. "Voglio consigliare - ha spiegato l'assessore Mauro Febbo - al collega Caporale di non essere troppo frettoloso nel prendere posizioni che lo inducano ad errori grossolani. Infatti invito il rappresentante dei Verdi a rileggere attentamente la Legge 157 dove all'art. 21 è fatto divieto esplicito di cacciare su terreni coperti in tutto o nella maggior parte di neve. Ricordo che la proroga fino al 9 febbraio è stata definita solo dopo la richiesta esplicita delle Province, su parere vincolante dell'Ispra alla sola specie Colombaccio che non rientra nelle eccezioni stabilite della citata Legge. Quindi - conclude l'assessore alla Caccia - non vi è bisogno di nessun atto della Direzione ma solo il rispetto delle regole scritte nella Legge che i cacciatori abruzzesi già conoscono ed osservano attentamente". (REGFLASH) (COMM.ASS.) 12/02/02


I Verdi chiedono la chiusura della caccia per freddo e neve

COMUNICATO STAMPA

CACCIA – VERDI CHIEDONO CHIUSURA PER FREDDO E NEVE

CAPORALE: “LA LEGGE 157/92 PREVEDE LA CHIUSURA PER AVVERSE CONDIZIONI METEOROLOGICHE. LA REGIONE PROVVEDA IMMEDIATAMENTE”


Dichiarazione di Walter Caporale, Capogruppo dei VERDI al Consiglio Regionale – www.waltercaporale.it :

“La nostra Regione è stretta nella morsa del freddo siberiano e della neve, nelle prossime ore secondo i meteorologi la situazione peggiorerà. Sono previsti almeno 10 giorni di freddo e neve e si rende necessario non infierire sulla fauna selvatica, come d’altronde prevede la legge in materia di Caccia.

L’articolo art. 19, comma 1, Legge 157/92 sancisce che <>. Ho pertanto inviato una lettera urgente alla Direzione Politiche Agricole e di Sviluppo Rurale, Forestale, Caccia e Pesca, Emigrazione per chiedere di porre in essere tutti gli atti previsti per chiudere immediatamente la Caccia nelle Province che hanno prorogato la stagione venatoria dal 31 gennaio al 9 febbraio così da permettere alla fauna selvatica di affrontare il gelo e il freddo senza altri disturbi dovuti alla presenza dei cacciatori”.

L’Aquila, 2 febbraio 2012

Gruppo Consiliare "VERDI" Regione Abruzzo Via Jacobucci,4 - 67100 L'Aquila –
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